Michele Damasceno, Divina Liturgia, Θεία Λειτουργία, XVI sec., Museo delle Icone e delle Sacre Reliquie dell'Arcidiocesi di Creta, Candia |
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segunda-feira, 17 de junho de 2013
Ven. PIO XII : El Augusto Sacrificio del Altar es un Sacrificio propio y verdadero, en el cual, inmolándose incruentamente el Sumo Sacerdote, hace lo que hizo una vez en la Cruz, ofreciéndose todo El al Padre, Víctima gratísima. Jesus Our Eucharistic Love. LA SANTA MESSA E' IL SACRIFICIO DELLA CROCE. Mediator Dei et la nature du sacrifice de la messe. O MINISTRO DO SANTO SACRIFÍCIO DA MISSA
Ven. PIO XII : El Augusto Sacrificio del Altar no es; pues, una pura y simple conmemoración de la Pasión y Muerte de Jesucristo, sino que es un Sacrificio propio y verdadero, en el cual, inmolándose incruentamente el Sumo Sacerdote, hace lo que hizo una vez en la Cruz, ofreciéndose todo El al Padre, Víctima gratísima. «Una... y la misma, es la Víctima; lo mismo que ahora se ofrece por ministerio de los Sacerdotes, se ofreció entonces en la Cruz; sólo es distinto el modo de hacer el ofrecimiento»
PARTE SEGUNDA
EL CULTO EUCARÍSTICO.
I. Naturaleza del Sacrificio Eucarístico
A) MOTIVO DE TRATAR ESTE TEMA
84. El Misterio de la Santísima Eucaristía, instituida por el Sumo Sacerdote, Jesucristo, y renovada constantemente por sus ministros, por obra de su voluntad, es como el compendio y el centro de la religión cristiana. Tratándose de lo más alto de la Sagrada Liturgia, creemos oportuno, Venerables Hermanos, detenernos un poco y atraer Vuestra atención a este gravísimo argumento.
B) EL SACRIFICIO EUCARÍSTICO
1º. Institución.
85. Cristo, Nuestro Señor, «Sacerdote eterno según el orden de Melchisedec» (Sal. 109, 4)) que «habiendo amado a los suyos que estaban en el mundo» (Juan, 13, 1), «en la última cena, en la noche en que era traicionado, para dejar a la Iglesia, su Esposa amada, un sacrificio visible -como lo exige la naturaleza de los hombres-, que representase el sacrificio cruento que había de llevarse a efecto en la Cruz, y para que su recuerdo permaneciese hasta el fin de los siglos y fuese aplicada su virtud salvadora a la remisión de nuestros pecados cotidianos... ofreció a Dios Padre su Cuerpo y su Sangre, bajo las especies del pan y del vino, y las dio a los Apóstoles, entonces constituidos en Sacerdotes del Nuevo Testamento, a fin de que bajo estas mismas especies lo recibiesen, mientras les mandaba a ellos y a sus sucesores en el Sacerdocio, el ofrecerlo» (5).
2º. Naturaleza.
a) No es simple conmemoración.
86. El Augusto Sacrificio del Altar no es; pues, una pura y simple conmemoración de la Pasión y Muerte de Jesucristo, sino que es un Sacrificio propio y verdadero, en el cual, inmolándose incruentamente el Sumo Sacerdote, hace lo que hizo una vez en la Cruz, ofreciéndose todo El al Padre, Víctima gratísima. «Una... y la misma, es la Víctima; lo mismo que ahora se ofrece por ministerio de los Sacerdotes, se ofreció entonces en la Cruz; sólo es distinto el modo de hacer el ofrecimiento» (6).
b) Comparación con el de la Cruz.
1) Idéntico Sacerdote.
87. Idéntico, pues, es el Sacerdote, Jesucristo, cuya Sagrada Persona está representada por su ministro. Este, en virtud de la consagración sacerdotal recibida, se asimila al Sumo Sacerdote y tiene el poder de obrar en virtud y en la persona del mismo Cristo; por esto, con su acción sacerdotal, en cierto modo; «presta a Cristo su lengua; le ofrece su mano» (7).
2) Idéntica Víctima.
88. Igualmente idéntica es la Víctima; esto es, el Divino Redentor; según su humana Naturaleza y en la realidad de su Cuerpo y de su Sangre.
3) Distinto modo.
89. Diferente, en cambio, es el modo en que Cristo es ofrecido. En efecto, en la Cruz, El se ofreció a Dios todo entero, y le ofreció sus sufrimientos y la inmolación de la Víctima fue llevada a cabo por medio de una muerte cruenta voluntariamente sufrida; sobre el Altar, en cambio, a causa del estado glorioso de su humana Naturaleza, «la muerte no tiene ya dominio sobre El» (Rom. 6, 9) y, por tanto, no es posible la efusión de la sangre; pero la divina Sabiduría han encontrado el medio admirable de hacer manifiesto el Sacrificio de Nuestro Redentor con signos exteriores, que son símbolos de muerte. Ya que por medio de la Transubstanciación del pan en el Cuerpo y del vino en la Sangre de Cristo, como se tiene realmente presente su Cuerpo, así se tiene su Sangre; así, pues, las especies eucarísticas, bajo las cuales está presente, simbolizan la cruenta separación del Cuerpo y de la Sangre. De este modo, la conmemoración de su muerte, que realmente sucedió en el Calvario, se repite en cada uno de los sacrificios del altar, ya que por medio de señales diversas se significa y se muestra Jesucristo en estado de víctima.
Jesus Our Eucharistic Love
Jesus Our Eucharistic Love — Chapter 2 | ||||
Our Eucharistic Love
Eucharistic Life
According to the examples of the Saints
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LA SANTA MESSA E' IL SACRIFICIO DELLA CROCE
LA SANTA MESSA "E' IL SACRIFICIO DELLA CROCE" |
Soltanto in Cielo comprenderemo quale divina meraviglia sia la S. Messa. Per quanto ci si sforzi e per quanto si sia santi e ispirati, non si può che balbettare su questa opera divina che trascende gli uomini e gli Angeli.
Un giorno fu chiesto a P.Pio da Pietralcina: "Padre, spiegateci la S. Messa".
"Figli miei - rispose il frate - come posso spiegarvela? La Messa è infinita come Gesù... Chiedete ad un Angelo cosa sia una Messa ed egli vi risponderà con verità: capisco cosa sia e perche si faccia, ma non comprendo però quanto valore abbia. Un Angelo, mille Angeli, tutto il cielo sanno questo e così pensano".
La Santa Messa è la sintesi dell'Incarnazione e della Redenzione; contiene in sé la Nascita, la Passione e la Morte di GEsù per noi.
Il Papa Pio XII affermò: "Dall'altare del Golgota non è diverso l'altare delle nostre Chiese; anch'esso è un monte sormontato dalla croce e dal crocifisso, dove si attua la riconciliazione fra Dio e l'uomo". E S. Tommaso d'Aquino con frase luminosa scrisse: "Tanto vale la celebrazione della S. Messa quanto vale la morte di Gesù in croce".
Per questo S. Francesco d'Assisi diceva: "L'uomo deve tremare, il mondo deve fremere, il cielo intero deve essere commosso, quando sull'altare, tra le mani del Sacerdote, appare il Figlio di Dio".
La S. Messa è cosa tanto grande da bastare essa sola a trattenere la Giustizia Divina. "Tutta la collera e l'indignazione di Dio - afferma S. Alberto Magno - cade davanti a questa offerta". S. Teresa di Gesù diceva alle sue figlie: "Senza la S. Messa che cosa sarebbe di noi? Tutto perirebbe quaggiù, perché soltanto essa può fermare il braccio di Dio". Senza di Essa certamente la Chiesa non durerebbe e il mondo andrebbe disperatamente perduto. "Sarebbe più facile che la terra si reggesse senza sole, anziché senza la S. Messa", affermava P. Pio.
"Nessuna lingua umana - dice S. Lorenzo Giustiniani - può enumerare i favori dei quali è sorgente il sacrificio della Messa; il peccatore si riconcilia con Dio, il giusto diviene più giusto, sono cancellate le colpe, annientati i vizi, alimentati le virtù e i meriti, confuse le insidie diaboliche".
Se è vero che tutti abbiamo bisogno di grazie per questa e per l'altra vita, nulla può ottenercele da Dio come la Messa. S. Filippo Neri diceva: "Con l'orazione noi domandiamo a Dio le grazie; nella S. Messa costringiamo Dio a darcele".
In particolare, nell'ora della morte, le Messe devotamente ascoltate formeranno la nostra più grande consolazione e speranza, e una Messa ascoltata durante la vita sarà più salutare di molte Messe ascoltate da altri per noi dopo la nostra morte.
San Pietro G. Eymard esortava: "Sappi, o cristiano, che la Messa è l'atto più santo della Religione: tu non potresti far niente di più glorioso a Dio, né di più vantaggioso alla tua anima che di ascoltarla piamente e il più sovente possibile".
Nella nostra vita di ogni giorno dovremmo preferire la S. Messa ad ogni altra cosa buona, perché, come dice S. Bernardo: "si merita di più ascoltando devotamente una S. Messa, che col distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare pellegrinando su tutta la terra". E non può essere diversamente, perché nessuna cosa al mondo può avere il valore infinito di una Messa. "Il martirio non è nulla - diceva il S. Curato d'Ars - in confronto alla Messa, perché il primo è il sacrificio dell'uomo a Dio, mentre la seconda è il sacrificio di Dio per l'uomo!".
Siamo generosi, e facciamo volentieri qualche sacrificio per non perdere un bene così grande. S. Agostino diceva ai suoi cristiani: "Tutti i passi che uno fa per recarsi ad ascoltare la S. Messa sono da un Angelo numerati, e sarà concesso da Dio un sommo premio in questa vita e nell'eternità".
Sempre l'uomo ha ritenuto opportuno offrire a Dio dei sacrifici per onorarlo e per riconoscerlo Creatore e Signore di tutte le cose. Ma i sacrifici dell'antico Testamento erano soltanto un simbolo ed una figurazione dell'unico vero Sacrificio, quello di Gesù sulla croce: ad essi mancava la "forza" per riaprire le porte del Paradiso, chiuse dal peccato di Adamo: solo il Sacrificio di Dio stesso, fattosi uomo, poteva attuare la redenzione; solo l'Agnello-Cristo, e non l'agnello di Abele e dei sacerdoti del tempio, poteva prendere su di sé tutti i peccati del mondo ("Agnus Dei qui tollit peccata mundi") e aprire le porte del Cielo.
Il Sacrificio di Cristo quindi è l'unico perfetto: il sacerdote è Cristo stesso e la vittima immolata è sempre Cristo. E’ di Fede: la S. Messa è il rinnovamento incruento del Sacrificio della Croce con la presenza sacramentale, reale, di Gesù, con la transustanziazione, cioè con il cambiamento del pane e del vino nel corpo, sangue, anima e divinità di Cristo, non si tratta di un semplice memoriale, di un ricordo della cena del Signore.
Qualcuno, forse ingenuamente, potrebbe obiettare che pure la Chiesa parla di cena Domini, di cena del Signore, che Gesù fece una cena.Questo tale dimentica e non considera che quella non fu una cena qualunque, una cena fra giovani amici festaioli, ma una cena sacrificale, secondo il rito pasquale («desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum», Le 22, 15), secondo un rito sacro, una cena nella quale si sacrificava e mangiava l'agnello e il pane azzimo: quel rito, d'allora che poi, sarebbe diventato il rito cattolico, il rito della Messa cattolica, e l'agnello, d'allora in poi, sarebbe stato Gesù stesso, Agnello divino, Sacerdote e Vittima.
Anche le parole e i gesti usati da Gesù indicano chiaramente che si tratta di sacrificio: «elevati gli occhi al cielo, rendendoti grazie, benedì [...], di nuovo rendendoli grazie, benedì, questo è il mio sangue che sarà sparso per voi e per molti in remissione dei peccati» e più esplicitamente in Luca XXII, 19: «Questo è il mio corpo che è sacrificato per voi; fate questo in memoria di me»: fate questo, questo sacrificio; fate, non ricordate, non commemorate: Gesù ordina chiaramente il rinnovamento del suo Sacrificio!
Gesù voleva che il suo Sacrificio non si compisse soltanto sul monte Calvario, ma che continuasse sino alla fine del mondo. Sull'altare-Calvario si compie realmente, ma in maniera incruenta, lo stesso Sacrificio che Gesù compì sulla croce. Sull'altare (come sul Calvario) la vittima (= «hostia») è lo stesso Gesù e il vero sacerdote è Gesù che offre se stesso per mezzo del prete «alter Christus».
Se potessimo capire solo un poco la grandezza di questo mistero, ne resteremmo abbacinati: un Dio che si fa uomo, un Dio che si fa ostia. S. Francesco esclamava: «L'uomo deve tremare, il mondo deve fremere, il cielo intero deve essere commosso quando sull'altare, tra le mani del sacerdote, appare il figlio di Dio».
Solenne espressione di Fede è il rito della Messa: il sacerdote celebra ai piedi di un altare che è rialzato rispetto al piano de fedeli in quanto rappresenta la collina del Golgota; l'altare è di pietra, come l'altare della Genesi eretto da Giacobbe, come tutti gli altari dell'Antico Testamento, come ¡1 monte Golgota, su cui Gesù è morto in croce, come Cristo, «pietra angolare che i costruttori hanno scartato» e di cui S Paolo dice: «bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo» (I Cor. 10, 3-4).
Il latino ha la funzione di lingua sacra e solenne e aiuta il fedele a comprendere la grandezza dell'evento cui sta assistendo: la straordinarietà di ciò che accade sull’altare-Calvario è sottolineata appunto dall'uso di un linguaggio straordinario (fuori dall'ordinario), non quotidiano. Inoltre «l'uso della lingua latina è un chiari e nobile segno di unità (fra i cattolici di tutto il mondo, siano essi italiani o tedeschi, bianchi o neri) e un efficace antidoto ad ogni corruttela della pura dottrina» (Enciclica«Mediator Dei» di Pio XII).
II latino è la lingua che ha diffuso il cristianesimo fino agli estremi confini della terra, la lingua che ha unito nella Fede e nella cultura italiani, irlandesi inglesi, germanici.., la lingua di S. Agostino e di S. Tommaso, la lingua del canto gregoriano, della Roma di Pietro e Paolo, della Roma dei Papi.
Al riguardo è bene ricordare l'anatema lanciato dal Concilio di Trento: «Se qualcuno dicesse che dev'essere condannato il rito della Chiesa Romana, nella quale parte del Canone e le parole della Consacrazione sono pronunciate a bassi voce, e qualora dicesse che la Messa deve essere celebrata soltanto nella lingua volgare... sia scomunicato» (Sessione XXII).
Alla Messa si assiste per lo più in ginocchio, perché si crede al suo grandissimo mistero, perché si crede alla presenza reale di Gesù in corpo sangue anima divinità, perché in ginocchio è la positura dell'umile peccatore che implora la misericordia di Dio (Lc 18, 10-14). San Luigi IX, Re di Francia, preferiva stare il ginocchio addirittura sul nudo e freddo pavimento, infatti ad una inserviente che gli offriva un comodo e soffice inginocchiatoio, disse: «Nella Messa Iddio s immola, e quando Dio si immola anche i Re si inginocchiano sul pavimento».
Bella, completa e certa è la Messa, la Messa di sempre, senza arbitrii e fantasiose inventive personali, perché «sommamente conviene che uno solo sia il rito di celebrare la Messa, secondo la norma e il rito dei Santi Padri, affinché tutti e dovunque adottino e osservino le tradizioni della santa Chiesa Romana, Madre Maestra» e «se qualcuno avrà l'audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo». («Quo primum tempore», bolla dogmatica di S. Pio V).
Fonte: "Il Santo Sacrificio della Messa - Ordinario" - Edizioni Salpan. Introduzione dell'Editore
VEN. PIE XII : Il est un véritable renouvellement du sacrifice de la croix: Le saint sacrifice de l’autel n’est donc pas une pure et simple commémoration des souffrances et de la mort de Jésus-Christ, mais un vrai sacrifice
VEN. PIE XII : Il est un véritable renouvellement du sacrifice de la croix: Le saint sacrifice de l’autel n’est donc pas une pure et simple commémoration des souffrances et de la mort de Jésus-Christ, mais un vrai sacrifice, au sens propre, dans lequel, par une immolation non sanglante, le Souverain Prêtre fait ce qu’il a fait sur la croix, en s’offrant lui-même au Père éternel comme une hostie très agréable. " La victime est la même ; celui qui maintenant offre par le ministère des prêtres est celui qui s’offrit alors sur la croix ; seule la manière d’offrir diffère ".
Encyclique MEDIATOR DEI
SUR LA SAINTE LITURGIE
de Sa Sainteté le Pape PIE XII
II LE CULTE EUCHARISTIQUE
I. NATURE DU SACRIFICE EUCHARISTIQUE
Le point culminant et comme le centre de la religion chrétienne est le mystère de la très sainte Eucharistie que le Christ, Souverain Prêtre, a instituée, et qu’il veut voir perpétuellement renouvelé dans l’Église par ses ministres. Comme il s’agit de la matière principale de la liturgie, Nous estimons utile de Nous y attarder quelque peu et d’attirer votre attention, Vénérables Frères, sur ce sujet très important.
Le Christ, notre Seigneur, " prêtre éternel selon l’ordre de Melchisédech " (Ps CIX, 4), " ayant aimé les siens qui étaient dans le monde " (Jn XIII, 1), " durant la dernière Cène, la nuit où il fut trahi, voulut, comme l’exige la nature humaine, laisser à l’Église, son Épouse bien-aimée, un sacrifice visible, pour représenter le sacrifice sanglant qui devait s’accomplir une fois seulement sur la croix, afin donc que son souvenir demeurât jusqu’à la fin des siècles et que la vertu en fût appliquée à la rémission de nos péchés de chaque jour… Il offrit à Dieu son Père son corps et son sang sous les apparences du pain et du vin, symboles sous lesquels il les fit prendre aux apôtres, qu’il constitua alors prêtres du Nouveau Testament, et il ordonna, à eux et à leurs successeurs, de l’offrir " (Conc. Trid., Sess. XXII, cap. 1).
Il est un véritable renouvellement du sacrifice de la croix:
Le saint sacrifice de l’autel n’est donc pas une pure et simple commémoration des souffrances et de la mort de Jésus-Christ, mais un vrai sacrifice, au sens propre, dans lequel, par une immolation non sanglante, le Souverain Prêtre fait ce qu’il a fait sur la croix, en s’offrant lui-même au Père éternel comme une hostie très agréable. " La victime est la même ; celui qui maintenant offre par le ministère des prêtres est celui qui s’offrit alors sur la croix ; seule la manière d’offrir diffère ". (Ibid. cap. 2)
a. Prêtre identique
C’est donc le même prêtre, Jésus-Christ, mais dont la personne sacrée est représentée par son ministre, celui-ci, en effet, par la consécration sacerdotale qu’il a reçue, est assimilé au Souverain Prêtre et jouit du pouvoir d’agir avec la puissance et au nom du Christ lui-même (Cf. S. Thomas, Summa theol. IIIa, q. 22, a. 4.). C’est pourquoi par son action sacerdotale, d’une certaine manière, " il prête sa langue au Christ, il lui offre sa main ". (Jean Chrysostome, In Ioann. Hom., 86, 4.)
b. Victime identique
La victime est également la même, à savoir le divin Rédempteur, selon sa nature humaine et dans la vérité de son corps et de son sang. La manière dont le Christ est offert est cependant différente. Sur la croix, en effet, il offrit à Dieu tout lui-même et ses douleurs, et l’immolation de la victime fut réalisée par une mort sanglante subie librement. Sur l’autel, au contraire, à cause de l’état glorieux de sa nature humaine, " la mort n’a plus d’empire sur lui " (Rm VI, 9), et, par conséquent, l’effusion du sang n’est plus possible ; mais la divine sagesse a trouvé un moyen admirable de rendre manifeste le sacrifice de notre Rédempteur par des signes extérieurs, symboles de mort. En effet, par le moyen de la transsubstantiation du pain au corps et du vin au sang du Christ, son corps se trouve réellement présent, de même que son sang, et les espèces eucharistiques, sous lesquelles il se trouve, symbolisent la séparation violente du corps et du sang. Ainsi le souvenir de sa mort réelle sur le Calvaire est renouvelé dans tout sacrifice de l’autel, car la séparation des symboles indique
Mediator Dei et la nature du sacrifice de la messe
Mediator Dei et la nature du sacrifice de la messe
Par Blandine Fissin le jeudi 29 mai 2008, 11:21 - Spiritualité Pie XII- Lien permanent
L'encyclique Mediator Dei est sans nul doute l'une des plus profondes écrites par Pie XII. L'abbé Claude Barthes nous livre ici une première approche de ce texte si riche, sous l'aspect particulier de la nature du sacrifice de la messe.
Cet écrit est extrait d'une introduction à l'encyclique, rééditée récemment aux éditions de l'Homme Nouveau. Nous remercions l'abbé Barthe de nous avoir autorisé à publier ce texte.
Le passage culminant de l’encyclique Mediator Dei me semble être un développement à valeur magistérielle, qui apporte des précisions doctrinales décisives sur la nature du sacrifice eucharistique, et vient couronner l’œuvre du Concile de Trente en ses 13e session et 22e session.
Le concile de Trente avait défini : « Si quelqu’un dit que, dans la messe, n’est pas offert à Dieu un véritable et authentique sacrifice… qu’il soit anathème », précisant que « dans ce divin sacrifice qui s’accomplit à la messe, ce même Christ est contenu et immolé de manière non sanglante, lui qui s’est offert une fois pour toutes de manière sanglante sur l’autel de la Croix (He 9, 14, 27) ». C’est un authentique sacrifice non sanglant totalement référé à l’unique sacrifice du Golgotha, avec lequel il ne fait pas nombre tout en le réitérant sacramentellement. Toute la théologie post-tridentine va réfléchir sur cet énoncé magistériel – unicité du sacrifice du Christ, mais réalité du sacrifice accompli lors de chaque messe – en réponse aux négations protestantes, dont la plus radicale était celle de Calvin qui disait : il n’y a pas de sacrifice de la messe, mais une participation du croyant aux fruits du sacrifice du Calvaire, puisque Jésus Christ s’y est offert une fois pour toutes (He 9, 12 , Calvin oubliant que, dans le contexte de l’épître aux Hébreux, « une fois pour toutes » s’opposait à la multiplication impuissante des sacrifices anciens).
Il n’est pas possible de résumer ici, même brièvement, quatre siècles d’études sur ce sujet. Au XXe siècle, s’est manifestée une forte tendance à estomper le caractère d’acte proprement sacrificiel de la messe. Dom Casel (décédé en 1948), par exemple, estimait que l’acte unique du sacrifice du Calvaire devient « mystériquement » présent à la messe, mais le sacrifice de la messe ne serait pas alors un acte propre, l’acte sacrificiel de la Croix ne laissant aucune place à un acte de renouvellement et formant toute la réalité du sacrifice de l’autel (Faites ceci en mémoire de moi, publié en français au Cerf, en 1962). Pour les PP. de la Taille (Mysterium fidei, Beauchesne, 1921) et Lepin (L’idée du sacrifice de la messe d’après les théologiens depuis l’origine jusqu’à nos jours, Beauchesne, 1926), la messe constituait un sacrifice d’oblation par l’Église, reproduisant le sacrifice d’oblation-immolation par le Christ au Calvaire, ce qui introduisait une nuance hasardeuse entre immolation et oblation.
S’appuyant sur saint Thomas (Somme théologique, q 77 a 7, ; Somme contre les Gentils, l 4, c 61), Pie XII précisa donc dans Mediator Dei que le sacrifice de la messe est produit par l’avènement sur l’autel du Christ glorieux sous le signe des espèces séparées, acte d’oblation et d’immolation se spécifiant sur les espèces, c'est-à-dire se réalisant par la double consécration : « Le sacrifice de l’autel n’est pas une pure et simple commémoration des souffrances et de la mort de Jésus-Christ, mais un vrai sacrifice, au sens propre, dans lequel par une immolation non sanglante, le Souverain Prêtre fait ce qu’il a déjà fait sur la Croix en s’offrant lui-même au Père éternel comme une hostie très agréable. … La manière dont le Christ est offert est cependant différente. Sur la Croix, en effet, il a offert à Dieu tout lui-même et ses douleurs ; mais l’immolation de la victime fut réalisée par la mort sanglante qu’il a subie librement. Sur l’autel au contraire, à cause de l’état glorieux de sa nature humaine, "la mort sur lui n’a plus d’emprise" (Rm 6, 9), et par conséquent l’effusion de sang n’est plus possible, mais selon la disposition de la sagesse divine, le sacrifice de notre Rédempteur est montré de façon admirable par des signes extérieurs qui renvoient à la mort. En effet par la "transsubstantiation" du pain en Corps et du vin en Sang du Christ, son Corps ainsi que son Sang sont réellement présents, et les espèces eucharistiques sous lesquelles ils est présent figurent la séparation du Corps et du Sang. C’est pourquoi la présentation en mémorial de sa mort qui s’est produite réellement au Calvaire est renouvelée dans les différents sacrifices de l’autel, lorsque par des signes clairs le Christ Jésus est signifié et montré dans l’état de victime ».
Cet enseignement est aujourd’hui d’une particulière prégnance, alors même que la plupart des théologiens les plus classiques disent au mieux que la messe nous met en présence du sacrifice de la Croix, ce qui n’est pas faux, mais insuffisant. Pie XII usait d’un pluriel décidé : « les différents sacrifices de l’autel ». C’est un acte identique à celui de la Croix, mais accompli dans un autre ordre, l’ordre sacramentel, et comme tel répété en autant d’actes sacramentels qu’accomplissent en la personne du Christ les prêtres de l’Église.
Em todas as Missas JESUS CRISTO, Vítima e Sacerdote, Se oferece pessoalmente a DEUS na Consagração, renovando os sentimentos de obediência de que estava possuído no Calvário. Na Consagração, o ministro humano apenas "empresta a Cristo a sua língua e lhe cede as suas mãos". Vê-se, com bastante clareza, que JESUS CRISTO intervém atualmente para Se imolar de modo incruento, oferecendo ao eterno Pai o Sacrifício, através de seus sacerdotes.
Consideremos o MINISTRO DA MISSA, de que Nosso Senhor se serve como instrumento.
A) MINISTRO.
Só os sacerdotes são ministros do Sacrifício da Missa. Nosso Senhor dirigia-se aos Apóstolos, e sucessores deles no Sacerdócio quando disse, após a instituição da Eucaristia: "FAZEI ISTO EM MEMÓRIA DE MIM". (Luc. XXII, 19). A prática da Igreja, aliás, nenhuma dúvida deixa no assunto. Desde os tempos mais antigos, são os Bispos e os Padres que CELEBRAM o Santo Sacrifício da Missa.
Quando dizemos que a Missa é o Sacrifício de toda a Igreja, afirmamos que todos os fiéis nela devem tomar parte; não queremos, contudo, significar que o Sacrifício da Missa seja obra de todos os membros da Igreja.
Na sociedade sobrenatural, criada por Jesus Cristo, somente os Sacerdotes são os SACRIFICADORES, somente eles podem realizar o Sacrifício da Missa.
"Só aos Apóstolos, diz Pio XII, e aos que deles e dos seus sucessores receberam a imposição das mãos, é conferido o PODER SACERDOTAL, por cuja virtude, assim como representam, perante o povo que lhes é confiado, a pessoa de Jesus Cristo, assim também, representam esse mesmo povo perante Deus". (Mediator Dei).
Contudo, também no ato sublime e singular da oblação sacrifical, o povo tem sua participação, com seu voto, com sua aprovação. Eis o que diz Inocêncio III: "O que em particular se cumpre pelo ministério dos sacerdotes, universalmente é cumprido pelo voto dos fiéis". Mas o fato de participarem no Sacrifício eucarístico NÃO CONFERE aos fiéis NENHUM PODER SACERDOTAL.
"A imolação incruenta, por meio da qual, depois de pronunciadas as palavras da Consagração, Jesus Cristo torna-se presente sobre o altar no estado de vítima, é levada a cabo somente pelo SACERDOTE, ENQUANTO REPRESENTANTE DA PESSOA DE CRISTO, e não enquanto representante da pessoa dos fiéis." (Pio XII - Mediator Dei).
B) CONDIÇÕES REQUERIDAS:
1º) para que o Sacrifício seja VÁLIDO: a) o poder da ORDEM;
b) intenção de fazer o que faz a Santa Igreja.
2º) para que o Sacrifício seja LÍCITO: O ministro deve:
a) possuir o estado de graça;
b) estar em jejum;
c) observar as cerimônias prescritas.
Os padres ao celebrar, devem trazer as disposições mais santas, subindo o Altar com os sentimentos da maior pureza e caridade, piedade viva e profunda, como o exige função tão sublime.
"Oh! quão grande e venerável é o ministério dos sacerdotes, aos quais é dado consagrar com palavras santas o SENHOR de majestade, bendizê-Lo com os lábios, tocá-Lo com as mãos, recebê-Lo em sua boca, distribuí-Lo aos outros!" (Imitação de Cristo).
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