Michele Damasceno, Divina Liturgia, Θεία Λειτουργία, XVI sec., Museo delle Icone e delle Sacre Reliquie dell'Arcidiocesi di Creta, Candia |
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domingo, 14 de julho de 2013
S. Alfonso Maria de Liguori, Del sacrificio di Gesù Cristo
DEL SACRIFICIO DI GESÙ CRISTO
8. Il sacrificio del nostro Salvatore, come di sopra si è detto, è stato il sacrificio perfetto, di cui i sacrifici dell'antico testamento non sono stati che segni e figure imperfette, chiamate dall'Apostolo infirma et egena elementa (Gal. IV, 9). Il sacrificio operato da Gesù Cristo egli è stato compiuto per tutte le cinque, o sieno condizioni mentovate poc'anzi di sopra. La prima parte della santificazione, o sia della consagrazione della vittima, questa si fece nell'Incarnazione del Verbo dal medesimo Padre, come parla S. Giovanni: Quem Pater sanctificavit (Io. X, 36). E perciò l'angelo nell'annunziare alla B. Vergine l'elezione di lei fatta per Madre del Figlio di Dio, disse: Quod nascetur ex te sanctum, vocabitur Filius Dei (Luc. I, 35). Sicché questa vittima divina che doveva esser sagrificata per la salute del mondo, allorché nacque da Maria, già era stata da Dio santificata; poiché sin dal primo momento in cui l'Eterno Verbo assunse corpo umano, fu quello consacrato a Dio per esser la vittima del gran sacrificio, che poi dovea consumarsi nella croce per la salute degli uomini. Quindi lo stesso nostro Redentore disse allora: Corpus autem aptasti mihi... ut faciam, Deus, voluntatem tuam (Hebr. X, 5 et 7).
9. La seconda parte dell'oblazione ella si fece nello stesso punto dell'Incarnazione, in cui Gesù Cristo volontariamente si offerì a soddisfare per le colpe degli uomini. Vide egli allora che la divina giustizia non potea restar soddisfatta da tutti gli antichi sacrifici e da tutte le opere degli uomini; ond'egli si offerì a pagare per tutti i peccati del genere umano, ed allora disse: Quia hostias et oblationes et holocautomata pro peccato noluisti... tunc dixi: Ecce venio, ut faciam, Deus, voluntatem tuam (Hebr. X, 8 et 9). Soggiunge l'Apostolo: In qua voluntate
sanctificati sumus per oblationem corporis Iesu Christi semel (Ibid. n. 10). Si notino queste parole: In qua sanctificati sumus per oblationem, etc. Il peccato avea renduti gli uomini tutti indegni di essere offerti a Dio ed indegni di essere accettati da Dio; e perciò fu necessario che Gesù Cristo, offerendo se stesso per noi, ci santificasse colla sua grazia e ci rendesse degni di esser ricevuti da Dio.
10. Questa oblazione non però che allora fe' Gesù Cristo, non terminò in quel tempo, ma da allora cominciò, e dura e durerà in eterno; imperocché, sebbene ella a tempo dell'Anticristo cesserà nella terra, cessando il sacrificio della Messa per 1290 giorni -che importano tre anni, e sei mesi e mezzo -come tutto sta espresso in Daniele: Et a tempore cum ablatum fuerit iuge sacrificium, et posita fuerit abominatio in desolatione, dies mille ducenti nonaginta (Dan. XII, 11); nondimeno il sacrificio di Gesù Cristo non mai cesserà, poiché Gesù Cristo non cesserà mai di offerirsi al Padre con una oblazione eterna, essendo egli stesso il sacerdote e la vittima, ma vittima eterna e sacerdote eterno, non già secondo l'ordine di Aronne, il cui sacerdozio e sacrificio furono temporali ed imperfetti, non bastanti a placar lo sdegno divino contra l'uomo ribelle; ma secondo l'ordine di Melchisedech, siccome predisse Davide: Tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech (Ps. CIX, v. 4). Sicché il sacerdozio di Gesù Cristo sarà eterno, mentr'egli sempre continuerà nel cielo dopo la fine del mondo ad offerire quella stessa vittima che un giorno gli sacrificò sulla croce per la di lui gloria e per la salute degli uomini.
11. La terza parte del sacrificio, ch'è l'immolazione o sia l'uccisione della vittima, questo già si adempì colla morte del nostro Salvatore sulla croce. -Restano ora a verificarsi nel sacrificio di Gesù Cristo le due altre parti richieste a compire un sacrificio perfetto, cioè la consumazione della vittima e la partecipazione di quella. Parlando intanto della quarta parte del sacrificio, ch'è la consumazione della vittima, si dimanda quale sia stata questa consumazione, mentre il corpo di Gesù Cristo nella morte restò bensì separato dall'anima sua santissima, ma non restò consumato e distrutto.
12. L'autore anonimo di sopra in principio mentovato dice che questa consumazione della vittima si adempì per mezzo della risurrezione del Signore, poiché allora il suo sacrosanto
corpo restò spogliato di tutto il terreno e mortale, e fu vestito della divina gloria.3 E dice che questa fu quella chiarezza che Gesù domandò al Padre prima di andare alla morte: Et nunc clarifica me tu, Pater, apud temetipsum claritate, quam habui priusquam mundus esset apud te (Io. XVII, 5). Questa chiarezza Gesù non la chiedea per la sua divinità, perché già la possedea sino ab eterno come Verbo eguale al Padre, ma la chiedea per la sua umanità; e questa ottenne nella sua risurrezione, per cui rientrò in certo modo nella sua gloria divina.4
13. Così ancora lo stesso autore parlando della quinta parte della partecipazione, o sia comunione della vittima, dice che questa comunione si adempisce parimente in cielo per ragione che i beati partecipano tutti della vittima che Gesù Cristo in cielo continuamente offerisce a Dio, offerendo se stesso.5
14. Queste due riflessioni dell'autore per ispiegare le restanti due parti del sacrificio di Gesù Cristo, elle son dotte ed ingegnose; ma io per me stimo che queste due parti della consumazione e della comunione ben si adempiscono chiaramente nel sacrificio eucaristico dell'altare, il quale, come ha dichiarato il Concilio di Trento, è lo stesso di quello della croce: mentre il sacrificio della Messa istituito dal Salvatore avanti la sua morte è una continuazione del sacrificio della croce, affinché il prezzo del suo sangue dato per la salute degli uomini sia a noi applicato col sacrificio dell'altare, in cui la vittima che si offerisce
è la stessa di quella della croce, benché si offerisca senza sangue, a differenza della vittima che nella croce fu offerta col sangue. Ecco come parla il Concilio di Trento (Sess. XXII, cap. I): Is igitur Deus et Dominus noster, etsi semel seipsum in ara crucis, morte intercedente, Deo Patri oblaturus erat, ut aeternam illic Redemptionem operaretur; quia tamen per mortem sacerdotium eius extinguendum non erat, in caena novissima, qua nocte tradebatur, ut dilectae sponsae suae Ecclesiae relinqueret sacrificium, quo cruentum illud semel in cruce peragendum repraesentaretur, eiusque memoria in finem usque saeculi permaneret, atque illius salutaris virtus in remissionem eorum quae a nobis quotidie committuntur peccatorum applicaretur; sacerdotem secundum ordinem Melchisedech se in aeternum constitutum declarans, corpus et sanguinem suum sub speciebus panis et vini Deo Patri obtulit. Ac sub earumdem rerum symbolis apostolis, quos tunc novi Testamenti sacerdotes constituebat, ut sumerent, tradidit; et eiusdem eorumque in sacerdotio successoribus, ut offerrent praecepit per haec verba: Hoc facite in meam commemorationem: uti semper Catholica Ecclesia intellexit et docuit etc. Nel capo II poi dichiarò il Concilio che coll'oblazione di questo sacrificio il Signore placato concede le grazie e perdona i peccati; e ne assegna la ragione dicendo: Una enim eademque est hostia, idem nunc offerens sacerdotis ministerio, qui seipsum tunc in cruce obtulit, sola offerendi ratione diversa.
15. Sicché nel sacrificio della croce pagò Gesù Cristo il prezzo della nostra Redenzione; ma in quello poi dell'altare volle che si applicasse il frutto del prezzo dato, essendo egli lo stesso principale offerente dell'uno e dell'altro, che offerisce la stessa vittima, cioè lo stesso suo corpo e sangue, solamente con modo diverso, nella croce col sangue, nell'altare senza sangue. Quindi insegna il Catechismo Romano (Part. II, de Euchar., n. 78) che il sacrificio della Messa non solo giova a lodare Iddio, e ringraziarlo dei doni che ci dispensa, ma ch'è vero sacrificio propiziatorio, per cui il Signore perdona le colpe, e concede le grazie.6 E perciò la S. Chiesa (Dominica IX
post Pentec.) prega così: Quoties huius hostiae commemoratio celebratur, toties opus nostrae Redemptionis exercetur;7 poiché appunto il frutto della morte di Gesù Cristo si applica a noi col sacrificio dell'altare.
16. Ed ecco che nel sacrificio della Messa, oltre delle tre altre parti che vi sono, della santificazione, dell'oblazione e dell'immolazione -che si fa misticamente nel consagrarsi divisamente il corpo dal sangue -oltre, dico, di queste tre parti, che furono le parti essenziali del sacrificio della croce, vi sono ancora le due altre parti, la consumazione, che si fa col calor naturale dello stomaco di coloro che si cibano dell'ostia consagrata, e la comunione o sia partecipazione della vittima, che si fa col distribuirsi il pane consagrato agli assistenti alla Messa; e così nel sacrificio dell'altare ben si vedono adempite tutte le cinque parti degli antichi sacrifici, che tutti eran segni e figure del gran sacrificio del nostro Salvatore.
Passiamo ora a spiegar le preghiere ordinate a recitarsi nel messale.
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