Michele Damasceno, Divina Liturgia, Θεία Λειτουργία, XVI sec., Museo delle Icone e delle Sacre Reliquie dell'Arcidiocesi di Creta, Candia |
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terça-feira, 2 de abril de 2013
LA SANTA MESSA - RIFLESSIONI DI VITA EUCARISTICA
LA SANTA MESSA - RIFLESSIONI DI VITA
EUCARISTICA
Presentazione
Il padre Emilio Santini (1921-1995), sacerdote cappuccino, per
lunghi anni ha dedicato le sue migliori energie alla direzione dell'Associazione
Eucaristica Riparatrice. Non solo ha curato in modo ammirevole l'organizzazione
dell'Associazione, dotandola di una moderna e decorosa sede, centro vivo di
animazione e di accoglienza, ma soprattutto ha coltivato e promosso tra i
numerosissimi iscritti il culto a Gesù Eucaristia con la meditazione, con la
parola pronunciata e scritta.
Questo opuscolo, che raccoglie le sue riflessioni è, a un
tempo, testamento e memoria della sua intima vita eucaristica.
Il linguaggio del padre Emilio è appropriato e in piena
sintonia con la teologia eucaristica.
Le sue riflessioni a tratti potrebbero apparire ripetitive per
chi non è esercitato a esplorare in profondità il mistero eucaristico. Ma così
non è per chi ama immergersi nella contemplazione.
L'insegnamento limpido e calmo del Padre Emilio ha, in effetti,
luminose rifrazioni in sempre nuove sottolineature, in riprese felici, in
rinnovate analisi, come una fuga musicale che riprende incessantemente e varia
il motivo dominante.
È questo un modo efficace per accompagnare il lettore alla
comprensione e alla meditazione dell'insondabile ricchezza eucaristica,
soprattutto nel suo significato di sacrificio di Cristo per l'edificazione del
Corpo Mistico. Le convinzioni così si radicano nella mente e i sentimenti
toccano il cuore.
La spiritualità del padre Emilio emerge da queste pagine
pacata e profonda, come il suo temperamento mite e forte. Uomo del silenzio
operoso fu il padre Emilio. E il silenzio, si sa, genera mistiche risonanze
interiori che si consumano nel segreto con benefici riflessi sugli altri. Esse
fanno luce intorno, come l'evangelica lampada posta sul candelabro ad illuminare
la stanza.
Pertanto invito volentieri alla lettura di queste brevi e
serene considerazioni che possono bene accompagnare, sostenere e facilitare i
colloqui eucaristici delle anime pie.
Delegato Pontificio per il Santuario di Loreto
LA MESSA INVISIBILE
La Chiesa, anche se ha tre diverse collocazioni, anche se ha
tre diversi gradi di formazione - militante, purgante, trionfante - è sempre
una sola, quella che è nata con Cristo, quella che è sempre con Cristo.
Ha il suo punto di convergenza nella celebrazione della Messa,
che costituisce la gioia dei beati del Cielo, il tesoro dei fedeli in terra, la
speranza delle anime del Purgatorio.
Partecipare alla Messa è mettersi al centro di questi due
mondi: quello celeste e quello terrestre, quello angelico e quello umano, dove
Cristo è altare, vittima e sacerdote.
In Cielo la liturgia si svolge intorno al mistico Agnello
dell'Apocalisse, immolato per la nostra salvezza, sempre in atto di intercedere
per noi presso il Padre (Ebr. 7,25).
La nostra Messa non è un riflesso di questa liturgia celeste,
ma è addirittura la stessa liturgia del Cielo portata in terra.
Ora, se la Messa è un tutt'uno con l'offerta che Gesù fa di sé
in Cielo, si deve ammettere che essa viene celebrata alla presenza di tutta la
corte celeste.
La Chiesa, "pellegrina sulla terra", non invita gli angeli e i
santi a scendere in terra, ma ordina ai fedeli di salire nel mondo angelico:
"Sursum corda! In alto i nostri cuori!" E il punto di congiungimento avviene
nella recita, nel canto del "Sanctus".
"Per questo mistero di salvezza il cielo e la terra si uniscono
in un cantico nuovo di adorazione e di lode, e noi con tutti gli angeli del
Cielo proclamiamo senza fine la tua gloria: Santo, santo santo... " (Pref. della
SS. Eucaristia).
Vengono superate le barriere del tempo e dello spazio; terra e
cielo si congiungono; corte celeste e povera umanità si uniscono; Chiesa
trionfante e Chiesa militante si fondono, per assistere e partecipare
all'offerta perenne che Gesù, l'Agnello immolato, fa di sé stesso per mezzo
dello Spirito Santo al Padre, a beneficio di tutta la creazione.
"Perciò quando celebriamo il sacrificio eucaristico ci uniamo
in sommo grado al culto della Chiesa celeste, comunicando con essa e venerando
la memoria soprattutto della gloriosa sempre vergine Maria, ma anche del beato
Giuseppe e dei beati apostoli e martiri e di tutti i santi... " (Lumen Gentium,
50).
Quindi cielo e terra formano una cosa sola, per cui quando si
celebra la Messa noi siamo già in Cielo davanti al trono della Maestà divina,
concittadini degli angeli e dei santi, e familiari di Dio.
"Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio
vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e
all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti...,
al Mediatore della Nuova Alleanza... " (Ebr, 12,22-24). Allora "rifletti con chi
ti trovi accanto e con chi stai per invocare Dio: con i Cherubini. Immaginati in
quali cori stai per entrare. Che nessuno si unisca con negligenza a questi inni
sacri e mistici. Che nessuno conservi un pensiero terreno, ma liberatosi da
tutto ciò che è terreno e trasportatosi interamente in Cielo..., canti l'inno
santissimo del Dio della gloria e della maestà... " (S. Giovanni
Crisostomo).
CON GLI ANGELI E I SANTI
Nella celebrazione della S. Messa si riattualizza il sacrificio
che Gesù ha compiuto sul Calvario e reso perenne in Cielo.
Non sono due liturgie che si svolgono in due luoghi distinti,
ma Cielo e terra si uniscono in una sola identica liturgia.
Per cui ad ogni Messa:
- è presente il Padre per donarci il Figlio e riaverlo immolato
e offerto da noi;
- è presente il Figlio per offrirsi al Padre con noi e per noi;
è presente lo Spirito Santo per trasformare il pane e il vino nel Corpo e nel
Sangue di Cristo;
- sono presenti gli angeli e i santi, riuniti e adoranti
attorno al trono di Dio;
- sono presenti le anime del Purgatorio, avide di essere
purificate per essere ammesse alla presenza del Padre. Sappiamo entrare in
questa liturgia, e sentirci in compagnia degli angeli e dei santi.
La Chiesa "terrestre", già fin dall'inizio di ogni Messa, ci
viene in aiuto facendoci vedere, nella recita del "Confiteor", circondati dalla
Vergine Maria, dagli angeli e dai santi, e ci invita a supplicarli per una
intercessione di purificazione.
Introdotti in questa celestiale compagnia, avanziamo nella
celebrazione eucaristica, sentendola più vicina, più intima in certi momenti
particolari.
Quando si avvicina il momento solenne del Sacrificio,
rendiamocene più consapevoli per associarci al coro degli angeli e cantare anche
noi il loro inno di lode: Santo, santo, santo...
Durante la Consacrazione, prostriamoci con tutta la corte
celeste davanti all'Agnello immolato, con sentimenti di stupore, di
ammirazione, di adorazione, di gratitudine...
Quando alcuni angeli e santi, come rappresentanti di tutta la
schiera dei beati, vengono chiamati per nome, affidiamoci alla loro
intercessione.
Nella recita del "Padre nostro", prendiamoli come nostri
modelli nel lodare il nome del Signore, nell'instaurare il regno di Dio, nel
compiere la sua volontà: "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia
fatta la tua volontà, come in cielo così in terra".
Nell'atto di offerta, che il celebrante compie innalzando il
Corpo e il Sangue di Cristo, uniamo la nostra voce a quella di miriadi di angeli
per ripetere con loro: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore e
gloria nei secoli dei secoli" (Ap. 5,12).
Nel fare la Comunione vediamoli meravigliati, stupiti, per la
condiscendenza del loro Signore verso noi, povere creature.
Una Messa così partecipata e vissuta ci dà il vero senso della
vita, facendoci vivere fin da questa vita con i beati del Cielo, trasformando il
nostro vivere umano in un vivere divino.
MESSA DEL CORPO MISTICO
La celebrazione della S. Messa non è un rito privato o una
devozione privata, ma è una cerimonia di tutta la Chiesa, compiuta da tutta la
Chiesa, a beneficio di tutta la Chiesa, anche se ciò avviene mediante alcuni
suoi ministri.
Gesù, come in ogni Sacramento, nell'Eucaristia non viene mai a
contatto solo con il singolo individuo, ma con tutta la Chiesa; così l'individuo
che riceve l'Eucaristia, non viene a contatto soltanto con Cristo, ma anche con
tutta la Sua Chiesa.
Questo perché Gesù offre al Padre non soltanto Se stesso, ma
anche la sua Chiesa, cioè tutto Se stesso: Lui e la Sua Chiesa, Lui e noi, Lui e
tutta l'umanità.
La ragione profonda, dogmatica di questa doppia offerta (Gesù -
Chiesa) è che la Chiesa è in Gesù "un'unica persona mistica".
Ad ogni istante Gesù s'immola e si offre al Padre, la Chiesa
con Lui, purificata, santificata, divenuta "conmateria del Sacrificio".
Pur avendo soddisfatto per ogni singolo uomo, Gesù presentò al
Padre la Sua soddisfazione per la redenzione dell'umanità. I singoli uomini
sono stati redenti, salvati da Cristo, come parte di un solo organismo.
Quindi non ci si deve sentire salvati solo personalmente, ma
salvati nell'insieme, come una cosa sola. Anche se un solo fedele assiste alla
S. Messa, in lui vi è tutta la parrocchia, tutta la Chiesa, tutta l'umanità. Di
conseguenza, non ci si deve sentire soli nella Messa, non si deve guardare
soltanto in alto, ma anche attorno.
Unirsi ai fratelli presenti e assenti per essere accolti
insieme dal Padre comune.
Unirsi ai fratelli anche con spirito di sostituzione e di
supplenza per presentarli con noi al Padre.
Si deve cooperare con Cristo, affinché possa offrire al Padre
tutto il Suo corpo che siamo noi, che sono tutti gli uomini.
Non privarlo dell'intima consolazione di presentare al Padre
un'offerta completa.
Proprio per attirare tutti gli uomini a Sé, Egli rinnova in
ogni luogo e in ogni tempo il Suo sacrificio eucaristico.
Corrispondiamo a questo amore, a questa attesa di Gesù.
Sappiamo vedere sull'altare non soltanto il Suo Corpo naturale - immolato e
glorioso -, ma anche il Suo Corpo Mistico e cerchiamo di renderlo completo,
perfetto il più possibile, portando in noi tanti fratelli: familiari, parenti,
conoscenti..., coloro che soffrono, che fanno soffrire..., coloro che svolgono i
lavori domestici..., coloro che si trovano negli uffici, nelle fabbriche...,
coloro che fanno del male..., coloro che stanno morendo...
Sentiamoli tutti in noi, per celebrare insieme la Messa, per
presentarci insieme al Padre, per cibarci insieme del Corpo di Cristo, per far
circolare in noi e fra noi il medesimo amore di Cristo.
Ricordiamo che Gesù non potrà offrirsi totalmente al Padre
finché c'è un solo membro del Suo Corpo che rifiuta di offrirsi con Lui.
LA MIA PARTECIPAZIONE
La Messa, mistero della fede, riattualizza l'atto salvifico
dell'amore di Cristo.
Mistero d'amore, così poco conosciuto, per cui tanto
trascurato.
Siamo chiamati a riparare anche questa ignoranza sulla Messa
con una partecipazione attiva e con una testimonianza sincera.
Potrebbe esserci di aiuto la seguente riflessione.
1 - Unirsi a Cristo
Ogni Messa rende presente la suprema offerta che Cristo fa di
Sé stesso al Padre.
Però sull'altare non è più solo, non è più il Cristo del
Cenacolo e del Calvario, bensì è il Cristo Risorto, il Capo del Corpo Mistico,
che richiede la presenza di tutti i suoi membri.
Il pane che il celebrante depone sulla patena, il vino che
versa nel calice, non è solo preparazione all'offerta di Cristo, ma è anche un
invito ai fedeli di rendersi presenti in quel pane e in quel vino. E noi ci
rendiamo presenti in essi nella misura in cui vi inseriamo la nostra vita, la
vita delle persone care, la vita della Chiesa, della società, del mondo
intero.
Comprendiamo l'importanza di questo atto, se vogliamo
partecipare alla Messa e non rimanere semplici spettatori.
2 - Immolarsi con Cristo
Nel momento culminante della Messa in cui il Celebrante
pronuncia le parole della consacrazione, ricordiamoci che in quel pane, in quel
vino ci siamo anche noi.
Come il pane e il vino si lasciano trasformare nel Corpo e nel
Sangue di Cristo, riattualizzando la sua immolazione, così anche noi dobbiamo
permettere allo Spirito Santo di agire su ognuno di noi, se vogliamo
partecipare all'immolazione di Cristo.
L'immolazione di Cristo consiste essenzialmente nel fare la
volontà del Padre, una volontà salvifica che L'ha condotto alla morte in croce
e che Lo conduce continuamente a riattualizzare la sua passione e morte su ogni
altare.
Per cui anche noi dobbiamo prendere questa nostra volontà e
deporla sull'altare, perché illuminata, trasformata, fortificata dallo Spirito
Santo, possiamo con libertà accettare la situazione in cui ci troviamo a dire
con sincerità: "Padre, sia fatta la tua volontà".
3 - Donarsi con Cristo
Uniti a Cristo, immolati con Cristo, dobbiamo donarci come Lui
si dona.
Lui si lascia mangiare, anche noi dobbiamo lasciarci mangiare,
divenire con Lui un pane offerto, spezzato, mangiato.
Potrebbero sembrare delle belle frasi, ma lontane della realtà;
eppure esprimono una verità. Soltanto non ce ne rendiamo conto. Infatti, nel
momento della Consacrazione, nelle parole di Gesù: "Prendete e mangiate, questo
è il mio Corpo... Prendete e bevete questo è il mio Sangue... ", vi è anche la
parola di ognuno di noi, membri del suo Corpo Mistico.
In Gesù diciamo vicendevolmente: "Prendete e mangiate questo è
il mio corpo..., prendete e bevete, questo è il mio sangue".
Una donazione dell'uno all'altro che abbraccia tutta la
vastissima gamma della carità.
LA MIA MESSA
Si può avere una certa attrattiva per la Messa, per cui vi si
va con frequenza, anche tutti i giorni.
Delle volte si può sentire qualche soddisfazione nell'unirci a
Cristo, nell'immolarci con Cristo, nel donarci con Cristo.
Però facciamo attenzione a non ridurre la Messa ad un atto a se
stante, a non lasciarla in chiesa, mentre ritorniamo alle nostre case, alle
nostre abituali e quotidiane occupazioni, perché la Messa è vita, quindi
dev'essere non solo celebrata, ma anche vissuta.
Dopo aver partecipato alla Messa di Cristo, dobbiamo uscire
dalla chiesa con il pensiero, con il proposito di andare a celebrare la nostra
Messa.
Gesù rimane in chiesa, ma viene anche con noi, è in noi.
Questa sua presenza in noi, se sappiamo captare le sue
emissioni di amore, ci mette in sintonia con la sua presenza eucaristica, dove
continua ad offrirsi, immolarsi, donarsi. Per cui non dobbiamo accontentarci di
andare a Messa, ma sentirci sospinti a portarci di altare in altare dove Gesù ad
ogni ora riattualizza il suo sacrificio e attende la nostra presenza, perché
non può essere più solo, come lo fu sul Calvario.
Teniamo presente questa Messa continuata di Cristo e
sincronizziamoci con essa.
Mentre siamo raccolti nella preghiera o assorbiti dal lavoro o
tormentati dalla sofferenza, mentre camminiamo, mentre ci troviamo seduti
attorno al desco domestico, mentre ci prendiamo un sollievo.... Gesù s'immola
su qualche altare:
- ascoltiamo e accettiamo la parola di Dio, che ci viene
rivolta, manifestata nel dovere di quel momento;
- deponiamo sulla patena l'azione che stiamo facendo;
- versiamo sul calice la sofferenza che ci preoccupa;
- pensiamo alla consacrazione e con Gesù conformiamoci alla
volontà di Dio;
- il pensiero della comunione ci sospinga a donarci ai fratelli
come Gesù si dona a noi.
Così, in concomitanza alla proclamazione della parola di Dio,
all'offertorio, alla consacrazione, alla comunione, che continuamente si
susseguono nelle nostre chiese, noi viviamo la nostra Messa nella Messa di
Cristo.
In questa unione offertoriale con Cristo, la nostra azione,
anche la più ordinaria e insignificante, diventa azione di Cristo e, in lui,
un'offerta viva a gloria del Padre e a salvezza dei fratelli.
Tutti, in qualunque occupazione o situazione, possiamo
compiere e vivere questo inserimento nel sacrificio di Cristo, perché non si
richiedono doti particolari, ma soltanto quella delicatezza d'animo che ci fa
rispondere "sì" all'attesa di Gesù.
Un "sì" che possiamo manifestare, concretizzare in questa breve
espressione: Gesù, con te!
Semplice invocazione che, se detta col cuore, acquista una
tale potenza da unirci a Cristo, da offrirci con Cristo, da trasformare la
nostra vita e renderla divinamente ricca, anche se dagli uomini poco
apprezzata.
Gesù, con te! Celebreremo ogni giorno la nostra Messa, vivremo
la nostra Messa, diverremo Messa vivente.
TI OFFRIAMO, PADRE!
La vita terrena di Gesù fu una continua offerta, che ha avuto
il suo culmine sulla croce, che si riattualizza nella Messa e che si perpetua in
Cielo.
Un'oblazione con cui Cristo riporta a Dio non soltanto la
natura divina, ma anche la natura umana assunta e, con la natura umana, tutti
gli uomini e, con gli uomini, tutto il creato.
Siamo così coinvolti in questo atto di amore del Figlio al
Padre, che possiamo farlo nostro.
Pensiamo a quello che avviene, quando recitiamo alcune frasi
nella celebrazione eucaristica.
- "Ti offriamo, o Padre, tra i doni che ci hai dato, la Vittima
pura, santa e immacolata".
- "Ti offriamo, o Padre, il pane della vita e il calice della
salvezza ".
- "Ti offriamo, Padre, questo sacrificio vivo e santo". Avviene
che noi prendiamo Gesù immolato e glorioso, e Lo offriamo al Padre.
Avviene che Dio, il Padre, riceve suo Figlio da noi, dalle
nostre mani.
Certamente è il Padre che ci dona il Figlio, ma ce lo dona per
riaverlo da noi: "Ti offriamo, o Padre!".
Però facciamo attenzione. È vero che il Padre ci dona il
Figlio; ma noi possiamo riceverlo, prenderlo, possederlo, nella misura in cui
noi, con la nostra offerta, ci siamo inseriti nel suo sacrificio.
Quanto più ci inseriamo nella sua offerta al Padre, tanto più
aumentiamo, perfezioniamo la presenza di noi in Gesù e di Gesù in noi.
Come aumenta questa presenza vicendevole, noi diventiamo di
Gesù e Gesù diviene nostro, possiamo prenderlo e dire con verità: "Ti offriamo,
o Padre!".
Anche noi siamo di Gesù. Permettiamogli di prenderci e di
offrirci, perché possa dire anche Lui: "Padre, sono tuoi!".
Andiamo a Messa e impariamo ad offrire la Vittima divina e noi
con essa, per poter dire con il celebrante: "Ti offriamo, Padre!": Gesù, dono
del Padre, diventa il nostro dono.
Pensiamo alla Messa che viene celebrata ad ogni istante,
sentiamoci spiritualmente presenti e diciamo: "Ti offriamo, Padre!":
trasformiamo, divinizziamo la nostra vita.
Sappiamo vedere, con l'occhio della fede, quell'Ostia sempre
elevata verso il Cielo dal continuo alternarsi di mani sacerdotali e formata da
Gesù e da noi, e diciamo: "Ti offriamo, o Padre!": annulliamo il peccato che
dalla terra sale al Cielo.
Ricordiamoci del preziosissimo tesoro, che si trova nel
tabernacolo, prendiamolo e diciamo: "Ti offriamo, o Padre!": versiamo il
riscatto dei nostri peccati.
Con questo unirci a Gesù e offrirci con Gesù, svolgiamo una
meravigliosa funzione ecclesiale, rendiamo la nostra vita preziosa allo sguardo
di Gesù e, con Gesù, diventiamo la compiacenza del Padre.
IMPARIAMO AD OFFRIRCI
La Messa è un incontro di famiglia.
Cristo Gesù, Uomo-Dio, come Fratello maggiore ci riunisce, ci
parla, ci prepara per introdurci alla presenza del Padre.
Il Padre, vedendoci nel Figlio, ci accoglie come figli e ci
inserisce nella sua vita trinitaria, trasformando così la Messa in una festa di
famiglia.
Però si partecipa a questa festa nella misura in cui uno, con
l'offerta di se stesso, s'immette nel sacrificio di Cristo.
Per cui dobbiamo imparare ad offrirci in Cristo e con Cristo. E
questo richiede un certo cambiamento di mentalità.
In genere si va a Messa per essere presenti, per assistere, al
massimo per dire una preghiera, più comunemente per chiedere...
Invece nella Messa dobbiamo donare, e non tanto quello che
abbiamo, quanto quello che siamo.
Gesù per accoglierci e presentarci al Padre, attende non solo
la nostra lode, la nostra preghiera, il nostro pentimento, la nostra
riconoscenza, ma soprattutto attende noi stessi, il nostro essere. È
l'insegnamento della Chiesa: "I fedeli imparino ad offrire la vittima divina e
se stessi con essa".
Per imparare ad offrirci, dobbiamo fare molta attenzione nel
momento in cui il celebrante prepara le offerte, per inserirci nell'ostia, per
perderci nel vino. Perché proprio su quell'ostia e su quel vino, il celebrante
invoca lo Spirito Santo: "Padre,... ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo
Spirito a santificare i doni che ti ofriamo, perché diventino il Corpo e il
Sangue di Gesù Cristo".
Incorporati a Cristo, ci troviamo alla Presenza del Padre e
possiamo offrirgli, come nostro dono, il suo stesso Figlio.
Il Padre ci guarda con compiacente amore e ci ridona il Figlio
come suo dono, che noi facciamo nostro nella Comunione.
È il momento di aprire le porte a Cristo, se vogliamo
concretizzare l'offerta di noi stessi.
Permettiamogli d'invadere tutto il nostro essere perché sia
Lui l'unico nostro Signore.
Gesù, prendi possesso:
- del mio corpo: rendilo sempre più tua dimora e servitene per
entrare e santificare l'ambiente della mia vita quotidiana;
- dei miei occhi: perché tu possa continuare a vedere con
questi miei occhi, e io impari a vedere me stesso e le realtà che mi circondano
nella tua luce;
- del mio udito: rendilo più sensibile perché io possa
percepire la tua implorazione nel povero, nel sofferente, nell'emarginato, nel
perseguitato, nel drogato, nell'extra-comunitario;
- della mia lingua: perché ha tanto bisogno di essere tua, con
tanta facilità si inquina di peccato. Fa' che oggi non esca dalle mie labbra
nulla che dispiaccia a te;
- della mia intelligenza: perché il mio pensiero sia tuo,
perché non si chiuda nell'orgoglio, ma si apra alla verità;
- della mia volontà: è il dono più duro, quindi il più bello;
aiutami a farmi comprendere tutto ciò che vuoi da me, per risponderti sempre con
il mio "sì";
- del mio amore: è il fiore più bello che hai messo nel mio
cuore, custodiscilo sempre e tutto per te, e insegnami ad amare in te e per te
tutte le persone che mi fai incontrare;
- della mia vita: perché è tua, appartiene unicamente a te, per
cui non posso vivere come piace a me, ma devo vivere come piace a te; rendimi
disponibile ai tuoi desideri perché tu possa servirti anche di me per essere
più conosciuto, amato e glorificato nel Mistero eucaristico.
Nell'intimità della Comunione con facilità e spontaneità ci
apriamo, ci doniamo a Cristo; ma poi, nella realtà della vita quotidiana, con
altrettanta facilità, riprendiamo il nostro dono... Non ci fidiamo. Anziché
avventurarci in Cristo, preferiamo rimanere dove e come siamo.
È un'arte difficile offrirsi a Dio. Non arriveremo mai a farlo
bene, a farlo fino in fondo, a farlo con assoluta autenticità. Ma non dobbiamo
scoraggiarci. Gesù ci attende ad ogni Messa, ad ogni Comunione, per insegnarci
ad offrirci e per renderci giorno dopo giorno più coerenti.
GESÙ CI OFFRE
Nella Messa non solo offriamo Gesù al Padre (Ti offriamo,
Padre, la vittima, pura, santa e immacolata), non solo impariamo ad offrirci,
offrendo la vittima divina, ma noi stessi siamo offerti.
Il Verbo di Dio si è fatto uomo per offrirsi al Padre, ma più
giustamente per offrirsi per noi, per offrire noi al Padre. Infatti non vi è un
solo istante che Gesù non sia del Padre, mentre si è fatto uomo, è morto e
risorto per ricondurci a Dio, come afferma S. Pietro (Cfr. 1 Pt. 3,18).
E per offrirci al Padre si è sostituito a noi, ci ha
incorporati a sé, ci ha identificati con sé.
Pensiamo:
- all'Incarnazione: Cristo assume la natura umana per inserirci
nella natura divina;
- al Battesimo: lo Spirito Santo ci rende membra del Corpo
Mistico di Cristo;
- alla Comunione: la vita di Cristo vivifica la nostra vita.
Per renderci più consapevoli di questa mirabile sostituzione di noi in Gesù
Cristo, prendiamo in considerazione i segni sacramentali della Comunione.
Mediante la Consacrazione la sostanza del pane viene sostituita
dalla sostanza del Corpo di Cristo, per cui il pane non è più pane, ma Corpo di
Cristo.
Ricevendo, sotto le sembianze del pane, il Corpo di Cristo, noi
realizziamo un'unione che non è soltanto il contatto con il Corpo di Cristo, ma
un vero congiungimento sostanziale tra il suo e il nostro corpo, così noi
diventiamo un solo corpo con Gesù; la sua sostanza diviene la nostra sostanza;
la sua vita, la nostra vita. Di conseguenza, Gesù divenendo un tutt'uno con noi,
nell'offrire se stesso al Padre, offre anche noi. Certamente ci ha offerti
durante il sacrificio del Calvario, ma nella sua bontà misericordiosa ha voluto
continuare la Redenzione nella Messa anche per poter oggi offrirci al Padre.
Pensiamo alla Messa. Gesù si offre al Padre non più da solo, ma
con tutte le membra del suo Corpo Mistico, cioè con tutti noi.
Noi, quindi, siamo continuamente offerti al Padre, perché non
vi è luogo della terra, non vi è momento del giorno, in cui l'Agnello immolato
non venga offerto all'Eterno Padre.
Possiamo purtroppo ignorare questa incessante oblazione,
possiamo trascurarla con tanta indifferenza, ma Gesù continua ad offrirsi e ad
offrirci per valorizzare questa nostra povera vita.
Questo dev'essere di grande consolazione per noi, perché
nessuno è mai solo a pregare, a lavorare, a soffrire, ecc...: ad ogni istante
vi è una Messa, Gesù si offre per noi e con Lui offre anche noi.
Così tutto nella nostra vita è valorizzato e trasformato in un
continuo e perfetto sacrificio offerto al Padre. Però facciamo attenzione.
Gesù ci coinvolge nella sua offerta come membra del suo Corpo
Mistico; ma noi ne riceviamo i benefici nella misura in cui ce ne rendiamo
consapevoli, e ci immettiamo nella sua offerta.
Allora andiamo a Messa con l'intenzione di metterci a
disposizione di Cristo, affinché Lui possa prenderci, inserirci in Lui e con Lui
offrirci al Padre.
E se rinnoviamo questa intenzione anche nelle varie occupazioni
e preoccupazioni della giornata, più facilmente diventiamo:
- consolazione per Gesù, in quanto Gli permettiamo di offrire
un sacrificio più completo per la nostra presenza consapevole;
- consolazione per il Padre, in quanto Gli permettiamo di
vederci, accoglierci e amarci nel suo Figlio prediletto.
- consolazione per noi stessi, in quanto in Gesù e con Gesù
celebriamo giorno per giorno la nostra messa, immedesimandoci sempre più nella
sua Messa.
IN SINTONIA CON GESÙ
Se nella Messa sappiamo unirci alla Vittima divina, possiamo
realizzare una meravigliosa sintonia di amore tra noi e Gesù.
Noi offriamo Gesù al Padre come nostro dono. Gesù offre noi,
come suo dono, al Padre. Il Padre ci accoglie e ci ridona il Figlio come suo
dono.
Cerchiamo di non circoscrivere questa divina realtà nel breve
tempo della Messa, portiamola invece con noi per viverla e perfezionarla in una
continua sincronizzazione tra Gesù presente in noi e Gesù presente
nell'Eucaristia.
Mentre usciamo dalla chiesa, Gesù rimane e, per il susseguirsi
delle celebrazioni della Messa, viene a trovarsi in un continuo stato di
offerta, d'immolazione e di donazione.
Se sapremo captare le emissioni di amore di Gesù che è in noi,
ci sentiremo sospinti a portarci da altare in altare per offrirci, immolarci e
donarci con Gesù Eucaristia.
Ad ogni istante viene celebrata una Messa, in ogni istante
abbiamo sempre qualcosa da inserire nel sacrìfìcio di Cristo.
In pratica:
stai pregando? Unisciti a Gesù che sull'altare sta adorando,
lodando la SS.ma Trinità anche per te.
Vuoi ringraziare il Signore? Unisciti a Gesù che in quel
momento, con la sua offerta, sta ringraziando il Padre.
Hai commesso una colpa? Unisciti a Gesù che proprio in
quell'istante rinnova il suo sacrificio per espiare anche il tuo peccato con
quelli di tutti gli uomini.
Vuoi ottenere una grazia? Unisciti a Gesù che sta domandandola
per te nella sua offerta al Padre.
Stai soffrendo? Unisciti alla Vittima divina che proprio in
quel momento sta offrendo a Dio la tua pena, unita a tutte quelle da Lui
sopportate durante la vita terrena.
Vuoi essere più buona? Unisciti a Gesù che nella sua Messa ti
attende per trasformarti in una messa vivente.
Desideri fare dell'apostolato? Unisciti a Gesù che ti attende
sull'altare per servirsi anche di te per rendere operante oggi il suo
Sacrificio.
Vuoi essere un'anima eucaristica riparatrice? Unisciti a Gesù
che s'immola sui nostri altari tra tanta trascuranza e indifferenza. Con la tua
presenza spirituale lo consoli, con la tua offerta cooperi con Lui a riparare
verso il Padre.
Hai paura della morte? Unisciti a Gesù che in quel momento del
tuo distacco farà della tua morte e della sua offerta un unico sacrificio,
portandoti da questa all'altra vita per continuare nella visione
quell'adorazione, quell'offerta che compi ora nella fede.
Tutto questo possiamo realizzarlo in un modo semplice e
facile: basta avere un po' di attenzione per metterci, nelle varie situazioni
della giornata, in sintonia con Gesù Eucaristico.
Prendiamo allora l'abitudine di vedere con l'occhio della fede
quella patena e quel calice sempre elevati verso il cielo dal continuo
alternarsi di mani sacerdotali, per deporci la nostra vita di ogni ora, di ogni
istante. Per facilitare questa sincronizzazione con Gesù Sacramentato, possiamo
utilizzare la breve invocazione: Gesù, mi unisco a te e con te mi offro al
Padre!
E se vogliamo renderla ancor più perfetta e gradita al Signore,
sappiamo sintonizzarci, la preghiera, il lavoro, la gioia, la sofferenza,
l'agonia di tanti nostri fratelli, con la recita della seguente preghiera:
"O Gesù, che t'immoli continuamente sui nostri altari, ecco io
vengo e mi unisco a te.
Sulla patena che ora viene innalzata, depongo me stesso, il
lavoro che compio e la sofferenza che sopporto, e coloro che, in questo
istante, pregano, lavorano, soffrono, muoiono.
Quest'offerta, Gesù, venga santificata dal tuo Spirito affinché
io possa, con te e per te, offrire alla SS.ma Trinità questo sacrificio di lode,
di ringraziamento, di espiazione e di domanda.
O Maria, mi metto con Gesù nelle tue mani immacolate: offrici
tu al Padre".
SPEZZÒ IL PANE
Più volte, anzi spesso, rimango impressionato e rifletto sulla
poca attenzione con cui nella Messa si pronuncia e si ascolta questa breve
espressione: "Spezzò il pane", quando invece ha tutta la sua importanza, anzi,
secondo me, è il fulcro della celebrazione stessa.
In genere ci si raccoglie, ci si prepara alle parole che
vengono subito dopo: "Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo...".
Giustamente sono parole che meritano tutta la nostra attenzione
e devozione, in quanto sono esse, pronunciate nel nome del Signore, che fanno
scomparire la sostanza del pane e subentrare quella del Corpo di Cristo.
Ma questa riattualizzazione del Sacrificio del Calvario è una
conseguenza dell'atto che Gesù fece nello spezzare il pane.
Infatti in quel gesto esterno voleva indicare che Egli
"spezzava" se stesso, sottomettendosi pienamente alla volontà del Padre.
Quindi, quel gesto non indicava solo condivisione, ma anche
immolazione, assumeva un significato sacrificale che si consumava fra Gesù e il
Padre.
Per quello che sento, credo che è stato questo "spezzarsi",
questo accettare la volontà di Dio il momento culminante del Sacrificio di
Cristo, in quanto ha dovuto lottare fortemente per superare le ripugnanze della
natura umana, tanto da gridare: "Padre, allontana da me questo Calice".
Ma dopo aver detto: "Padre, non la mia, ma la tua volontà si
faccia", il salire sul calvario, il morire in croce diventano un atto di amore e
di abbandono: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito".
Gesù "spezzò" se stesso sulla croce per la gloria del Padre.
Servo obbediente ha ricostruito l'alleanza, distrutta dalla disobbedienza del
peccato.
Continua a "spezzarsi" sull'altare, facendosi pane e
lasciandosi mangiare per entrare nell'uomo come lievito di vita eterna.
Se veramente vogliamo partecipare consapevolmente e attivamente
alla celebrazione della Messa, dobbiamo imparare a "spezzarci".
"Spezzarci" per la gloria di Dio, cioè infrangere il nostro
orgoglio, deporre ogni resistenza, conformarci alla divina volontà.
"Spezzarci" per il bene dei fratelli. Vivificati e sostenuti
dal “Pane spezzato” di Cristo, dobbiamo a nostra volta lasciarci mangiare.
Se metteremo più attenzione alle parole: "Spezzò il pane" prima
della Consacrazione, e al gesto del celebrante nel momento in cui spezza
l'Ostia prima della Comunione, la Messa ci si presenterà nella sua vera realtà.
Ogni volta ci chiederà il nostro sacrificio da inserire in quello di Cristo, per
poi donarci la gioia di partecipare alla comunione con Dio e con i fratelli.
CONTINUITA NELLA TRANSUSTANZIAZIONE
Giunti al culmine della celebrazione eucaristica ci mettiamo in
un atteggiamento di raccoglimento. Il celebrante pronuncia con attenzione e
l'assemblea ascolta con devozione le parole della consacrazione: "Prendete e
mangiate, questo è il mio Corpo... Prendete e bevete, questo è il calice del mio
Sangue... ".
Ma all'elevazione dell'ostia e del calice, continuiamo a
vedere quello che vedevamo prima.
È duro, è difficile per la nostra fede continuare a vedere la
medesima cosa e dover affermare che quello che ora vediamo è assolutamente
differente, è totalmente altro da quello che abbiamo portato all'altare.
Facciamo attenzione. Abbiamo portato pane, abbiamo portato
vino col desiderio di offrirli a Dio in nostra sostituzione. Ci rappresentano:
"Frutto della terra e del lavoro dell'uomo ".
Agli occhi di Dio non solo è insignificante quello che abbiamo
portato, ma lo sono anche i nostri cuori, che abbiamo inseriti nel nostro dono:
sono anch'essi piccoli, poveri e meschini.
Orbene, nel momento della Consacrazione, quello che non valeva
niente, quello che non era niente altro che un poco di pane e un poco di vino,
diventa una realtà straordinariamente meravigliosa. Si converte nel Corpo e nel
Sangue di Cristo.
La fede, basata sulla parola stessa di Gesù, ci assicura
questa transustanziazione, ma noi continuiamo a vedere pane e vino.
Il fatto che l'apparenza continui tale e quale, non è solo una
croce per la nostra fede, ma ci presenta un'altra realtà meravigliosa.
È il segno, la garanzia della continuità.
Questo permanere delle specie, mentre la sostanza del pane e
del vino viene sostituita dalla sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo, ci
manifesta la continuità tra quello che abbiamo portato all'altare, tra quello
che fu il nostro dono a Dio e quello che è il dono di Dio a noi.
In quell'apparenza del pane e del vino sappiamo vedere, sentire
e vivere la continuità dell'invisibile ma reale scambio d'amore fra noi e il
Padre nel Figlio per mezzo dello Spirito Santo.
Guardiamo, contempliamo l'Ostia. Per la vista è pane, per la
fede è Cristo Gesù.
Vediamo del pane, ma sotto le sue apparenze crediamo alla
presenza reale di Gesù.
Consideriamo. È la sostanza che sostiene le specie, ma sono
queste che manifestano la sostanza.
Per cui, come nell'ostia, dopo la Consacrazione, le apparenze
del pane nascondono e, nello stesso tempo, manifestano la presenza eucaristica
del Signore, così nel nostro corpo, dopo la Comunione, le sembianze della nostra
persona contengono, nascondono la presenza di Gesù ma, nello stesso tempo,
devono manifestare la forza trasformatrice, santificatrice, divinizzatrice di
questa presenza.
La continuità delle apparenze dell'Ostia deve ricordarci che
quelle apparenze siamo noi. Una realtà meravigliosa, ma molto impegnativa.
SCAMBIO DI DONI
Le parole della Consacrazione: "Prendete e mangiate...
Prendete e bevete...", invitano non solo a ricevere, ma anche a dare. Realizzano
un misterioso scambio di doni fra Dio e noi e, in Gesù, fra noi.
L'iniziativa è sempre del Signore. Noi non facciamo altro che
restituirgli ciò che Lui stesso ci ha donato: un po' di pane e un po' di
vino.
Però al momento della Consacrazione, Egli si degna di
trasformare questo nostro dono nel suo Figlio, e noi glielo offriamo come dono
più gradito. E Dio, in cambio di questo dono, ci dà la sua amicizia, ci fa
partecipi della sua vita divina.
Ma questo scambio di doni racchiude un significato ancor più
misterioso. Il pane e il vino ci rappresentano, anzi siamo noi che, nell'atto
della Consacrazione, diventiamo una cosa sola con Cristo Gesù. E Gesù, offrendo
Se stesso al Padre, offre anche noi, e noi ci offriamo con Lui.
Questo scambio di doni fra noi e Dio in Cristo, si completa,
si perfeziona, si concretizza nel momento della comunione sacramentale.
A questo punto dobbiamo fare molta attenzione per non cadere in
una possibile e deleteria illusione. Infatti se ci fermassimo in questo intimo
scambio di amore con Gesù, non proseguiremmo in quel cammino nel quale Egli ci
precede: "Come faccio io, fate anche voi... Io mi dono a voi, anche voi donatevi
gli uni gli altri".
Gesù c'impone di spostare lo sguardo da Lui ai fratelli, da
Lui-Capo ai fratelli-membra del suo Corpo Mistico. Se non realizziamo questo
passaggio, siamo dei bugiardi. Infatti, diciamo di donarci ai fratelli, ma in
realtà non ci doniamo.
Per convincerci che siamo veramente dei bugiardi, cer chiamo di
penetrare nel mistero delle parole della Consacrazione: "Prendete e mangiate,
questo è il mio Corpo. Prendete e bevete, questo è il calice del mio Sangue...
".
È vero che nel celebrante è Gesù che pronuncia queste parole.
Però non è più il Gesù del Cenacolo, ma il Gesù risorto, il Gesù che era morto
ed ora vive per sempre. Questo Gesù è il "Cristo totale", Capo e corpo
inscindibilmente uniti: Lui capo, noi membra.
Ora, se è questo "Cristo totale" che pronuncia le parole della
Consacrazione, in Lui e con Lui le pronunciamo anche noi e ci diciamo l'un
l'altro: "Prendete e mangiate... Prendete e bevete... ".
Ci offriamo vicendevolmente il nostro corpo, la nostra vita, e
nella misura in cui coscientemente abbiamo inserito nel pane e nel vino
l'offerta di noi stessi, per cui nel fare la Comunione diventiamo riceventi e
ricevuti. Riceviamo tutti coloro che, come noi, si sono inseriti nell'Ostia, e
da loro siamo ricevuti.
Uno scambio veramente misterioso, ma reale, a cui purtroppo non
pensiamo e, non pensandoci, non lo realizziamo.
È questo il motivo per cui le nostre Comunioni sono morte, ci
lasciano come siamo. Riceviamo Gesù vivo, ma in noi Lo rendiamo morto, perché
non Gli permettiamo di far circolare fra di noi, membra del suo Corpo mistico,
la sua linfa vitale.
Se veramente vogliamo essere membra vive del Corpo Mistico di
Cristo, dobbiamo impegnarci seriamente a realizzare, a concretizzare questo
scambio di donarci e riceverci.
Ritorniamo alle parole della Consacrazione. "Prendete e
mangiate, questo è il mio Corpo": nell'Ostia doniamo agli altri e riceviamo
dagli altri tutto quello che facciamo giorno per giorno, e che in Gesù diventa
per ognuno sostegno, conforto, consolazione, vita... "Prendete e bevete, questo
è il mio Sangue": nel calice vi è tutto quello che ci fa soffrire, e che nel
Sangue di Cristo diventa offerta riparativa per i nostri e altrui peccati. Per
scoprire e vivere, almeno un poco, questa sconvolgente realtà, impariamo a fare
più attenzione in questi tre momenti della Messa:
- mentre il celebrante prepara la materia per il sacrificio,
rendiamoci presenti nel pane e nel vino;
- mentre pronuncia le parole della Consacrazione, rendia-moci
consapevoli che lo Spirito Santo agisce anche in noi e ci inserisce nel Corpo e
nel Sangue di Cristo;
- mentre distribuisce la Comunione, ricordiamoci che nell'Ostia
vi è presente non solo Gesù, ma anche tutti coloro che vi si sono inseriti,
impariamo a riceverli ed essere ricevuti da loro.
Si apre davanti al nostro sguardo il vastissimo e meraviglioso
campo della carità fraterna, in cui possiamo veramente divenire un pane
spezzato, donato, mangiato.
Un'immagine di questo scambio di doni, possiamo averla
spostandoci dalla mensa eucaristica alla mensa domestica.
Tutti i membri della famiglia si siedono attorno all'unico
tavolo e consumano un medesimo cibo. Però in quella pasta, in quel pane, in quel
contorno... vi sono il lavoro e lo stipendio del padre, vi sono la premura e
l'affetto della madre, vi sono la riconoscenza e il sorriso dei figli. Quanto
più dovrebbe avvenire attorno alla mensa eucaristica, dove Gesù stesso è pane di
vita.
Pensiamoci e prepariamoci a questo scambio di doni. Durante la
giornata, la preghiera, il lavoro, la sofferenza, la solitudine,
l'incomprensione... dev'essere tutta materia che dobbiamo portare alla Messa a
beneficio di tutti i membri della nostra famiglia, che è la parrocchia, che è la
Chiesa intera.
UN SOLO CORPO
Nella Messa, al momento della consacrazione, in genere ci
mettiamo in silenzio e ascoltiamo con una certa riverenza le parole che il
celebrante pronuncia in nome di Cristo Signore.
Invece non diamo importanza né facciamo attenzione alle parole
della seconda invocazione dello Spirito Santo, con cui chiediamo la
realizzazione del fine della consacrazione.
Nella prima s'invoca lo Spirito Santo su il pane e su il vino:
"Manda il tuo spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il
corpo e il sangue di Gesù Cristo ".
Nella seconda lo Spirito Santo viene invocato su ognuno di noi
e su tutta l'assemblea dei fedeli: "A noi che ci nutriamo del corpo e del sangue
di Cristo, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un
solo corpo e un solo spirito".
Due momenti di supplica, che sono intimamente uniti, poiché è
una domanda unica con duplice riferimento: i doni e i fedeli.
Mediante l'azione dello Spirito Santo, alle due offerte - il
pane e il vino, e l'assemblea dei fedeli, - subentrano i due corpi del Signore:
il suo corpo reale, quello nato da Maria Vergine, morto, risorto e asceso al
cielo; e il suo Corpo mistico che è la Chiesa.
Due presenze che soro ben diverse, ma non divise. La prima
genera la seconda, questa completa la prima.
Il punto di unione e di fusione è il Pane eucaristico: "Il Pane
che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un
solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo: tutti infatti
partecipiamo dell'unico pane" (1 Cor. 10,16-17).
La realizzazione di questo unico corpo è stato il fine della
redenzione. È vero, non vi è dubbio che il fine della redenzione è stato la
gloria di Dio, ma una gloria che deriva nel riportare l'uomo nella grazia,
nell'amicizia con Dio.
Per cui possiamo ritenere che il sacrificio della croce ha
avuto come fine l'unione di tutti gli uomini in una sola famiglia: "Gesù doveva
morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire
insieme i figli di Dio che erano dispersi "(Gv. 11,51-52).
Ora, se la Messa è la rinnovazione del sacrificio della croce,
è logico che lo stesso effetto di unire l'umanità, che è derivato dalla croce,
derivi anche dalla Messa. Ce lo insegna il Vaticano II "Il Figlio, di Dio...
istituì nella sua chiesa il mirabile sacramento dell'Eucaristia, dal quale
l'unità della Chiesa è significata e prodotta" (N.R., n.2).
In genere tutte le preghiere liturgiche "dopo la Comunione"
sono ispirate a questa verità fondamentale: "O Dio, che ci hai resi partecipi di
un solo pane e di un solo calice, fa' che uniti al Cristo in un solo corpo,
portiamo con gioia frutti di vita eterna" (Domenica 5 T.O.)
Una preghiera che ci fa rivolgere il pensiero anche alla vita
futura. E la Messa ci guida, ci conduce verso la perfezione dell'unità
nell'eternità. La morte non ci separa, ma ci unisce. Essa è una porta, oltre la
quale noi entriamo nella perfezione dell'unità. Gesù stesso ce lo assicura: "Che
essi siano consumati - cioè resi perfetti - nell'unità, cioè in me e in te, o
Padre, perché noi siamo l'unità" (Cfr. Gv. 17,21-23).
Se la Messa non ci porta all'unione con i fratelli fino
all'unità, vuol dire che non l'abbiamo compresa nella sua essenza.
AI massimo ci accontentiamo di guardare Cristo sull'altare, ma
non gli permettiamo di scendere in mezzo a noi. Lo Spirito Santo invocato sul
pane e sul vino, è ugualmente invocato su l'assemblea. E come trasforma il pane
e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo, deve continuare e completare la sua
azione su l'assemblea, perché diventi il Corpo mistico di Cristo.
Se non siamo impegnati a raggiungere questo traguardo, a
formare questo unico corpo, noi celebriamo delle "Eucaristie incomplete". Forse
poco ci pensiamo, ma è questo il fine della Messa, quello di formare in Cristo
di tutti noi un solo corpo, e di essere in Cristo e da Cristo presentati al
Padre.
Guardiamo, osserviamo l'Ostia, trasformata nel Corpo del
Signore: essa ci manifesta la fusione, l'unità in un piano visibile e materiale,
in quanto è formata dall'insieme di più chicchi di grano. E rendiamoci
disponibili all'azione dello Spirito Santo perché possa realizzare questa unità
fra noi su un piano interiore e spirituale. È questa sua presenza che ci unisce
insieme, pur lasciandoci diversi e indipendenti. Apparentemente siamo separati
l'uno dall'altro, ma di fatto siamo membra vive come parte integrante di un
unico corpo, vivificate da un medesimo principio vitale, quindi unite e
influenti le une su le altre.
Di conseguenza, non sentiamoci soli nella Messa, non guardiamo
soltanto in alto, ma anche attorno a noi, per celebrare insieme la Messa, per
unirci insieme a Cristo, per cibarci insieme del suo Corpo, per presentarci
insieme al Padre, per far circolare in noi e fra noi il medesimo amore di
Cristo, che fa di tutti noi un solo corpo.
OFFERTO IN SACRIFICIO
"Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in
sacrificio per voi".
Gesù c'invita - "prendete" - ad una mensa - "mangiate" - per
farci partecipare ad un sacrificio - "il mio corpo offerto in sacrificio".
L'altare è mensa perché il sacrificio è la cena del Signore.
Altare-sacrificio, mensa-convito: questi due termini s'intersecano prevalendo
ora l'uno ora l'altro, talora fondendosi.
Oggi c'è una forte tendenza per la mensa-convito, a scapito
dell'altare-sacrificio, eppure su la mensa vi è una carne immolata.
Si accetta volentieri l'invito, con festa ci si siede attorno
alla mensa, ma non si cerca di sapere come è stato preparato il cibo che viene
offerto.
Il pane è la carne di Cristo, una carne sacrificale, perché è
offerta in sacrificio; il vino è il suo sangue, ma sangue sacrificale, perché
viene sparso per la remissione dei peccati.
La loro duplice consacrazione è un'immolazione come quella
avvenuta sul calvario, misticamente manifestata dalla separazione del sangue dal
corpo.
Noi, mangiando il corpo di Cristo e bevendo il suo sangue,
entriamo in sintonia con l'atto sacrificale di Cristo: offrire Lui e da Lui
imparare ad offrire noi stessi in sacrificio spirituale per la gloria di Dio e
la salvezza del mondo.
Gesù, per unirsi a noi e per unirci a Sé, si è lasciato
inchiodare sul legno della croce, si lascia immolare su l'altare.
Noi, se vogliamo partecipare alla sua mensa e ricevere i
benefici del suo sacrificio, dobbiamo metterci nelle sue stesse condizioni, in
uno stato sacrificale.
Non basta sedersi alla mensa, ma si deve entrare nella Messa
inserendoci la nostra offerta, unire il nostro sacrificio a quello di
Cristo.
Senza questa partecipazione non vi è comunione, perché prima
di essere un'incorporazione alla vita di Cristo, deve essere un'incorporazione
alla sua morte.
Gesù, per donarsi a noi, si lascia "immolare" sopra l'altare;
anche noi dobbiamo permettere al suo amore di sacrificare sull'altare del cuore
il nostro egoismo, il nostro orgoglio, tutto ciò che può offendere il suo
sguardo, se vogliamo unirci a Lui..., divenire con Lui "una cosa sola".
La Messa, partecipata con questo spirito, e la Comunione, fatta
con questo scopo, ci portano ad essere vere anime eucaristiche riparatrici,
piccole ostie nella grande Ostia.
Oggi, invece, si pensa più al banchetto che all'altare. Questo
atteggiamento potrebbe portare i fedeli a dare più importanza all'unione fra
loro che all'unione personale di ciascuno con Cristo. Infatti succede che molti
di loro ritengono "riuscita" la celebrazione eucaristica per la soddisfazione
che provano nello "stare insieme". L'assemblea diventa quasi fine a se stessa.
Si dimentica che la gioia di "stare insieme" è autentica solo se l'unione fra
loro è basata su quella di ognuno col Cristo.
Eliminata la dimensione verticale, la Messa presenta quella
orizzontale del rapporto dell'uomo all'uomo, non più dell'uomo a Dio.
Si viene a perdere di vista la Messa-sacrificio, per slittare
verso la concezione di una Messa-convito, dove si celebra più il trionfo del
Cristo Risorto, che la sua Morte espiatrice.
Uno slittamento che può allontanarci dall'insegnamento, dalle
direttive della Chiesa, per cui facciamo molta attenzione quando partecipiamo a
certe riunioni in cui si dà troppa importanza alla mensa.
FATE QUESTO...
"Fate questo in memoria di me".
"Fate questo!". È un ordine, Gesù autorizza i suoi discepoli a
ripetere i suoi gesti e a pronunciare le sue parole sul pane e sul vino.
"Fate questo!". È un dono. Gesù fa agli uomini il dono della
presenza della sua persona.
"In memoria di me". È un memoriale. Gesù prolunga nella
presenza sacramentale il suo atto di offerta al Padre e la condivisione di Sé
con i suoi fedeli.
"In memoria di me". È un esempio. Gesù chiede ai suoi di fare
quello che Egli ha fatto.
Perché le sue parole fossero interpretate in senso giusto:
"preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita..., versò dell'acqua nel
catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli... Quando ebbe lavato loro i
piedi, disse loro: ho lavato i vostri piedi... anche voi dovete lavarvi i piedi
gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io,
facciate anche voi" (Gv. 13,4-5;12-5).
"Come ho fatto io". Gesù, lavando i piedi dei discepoli,
manifesta la sua disponibilità, il suo servizio, la sua donazione verso gli
altri.
Quel boccone che dà ai suoi discepoli non è più pane, è la sua
carne, è tutto se stesso.
Si lascia mangiare dai suoi discepoli perché la sua vita di
servizio diventi la loro vita.
"Facciate anche voi". Gesù ci invita a collaborare con Lui
nella missione del donarsi. Dobbiamo donarci agli altri come Lui si dona a
noi.
Volentieri, anche con una certa disinvoltura, rinnoviamo il
sacrificio di Cristo, perché non ci costa nulla. Ad una semplice parola del
celebrante, Gesù si rende presente nel pane e nel vino per donarsi.
Ma in genere questo suo dono si ferma in noi, perché non
sappiamo o non riusciamo a rinunciarci per trasmetterlo agli altri.
Gesù fa la sua parte, la fa sempre, ciò che manca è la nostra
parte.
Proprio per la mancanza di questa donazione, le nostre
celebrazioni rimangono incomplete.
La Messa non deve terminare sull'altare, ma proseguire
nell'assemblea dei fedeli, trasformandoli in un prolungamento di Cristo, in un
donarsi vicendevole.
Gesù ci convoca attorno al suo altare per metterci di fronte al
suo grado di amore (Gv. 13,31).
Se questo incontro può essere un momento gioioso, deve essere
anche un momento mortificante. Perché vediamo la sproporzione, la distanza che
ci separa dall'esempio di Cristo; ma il suo comportamento è anche un richiamo,
uno stimolo, un'incoraggiamento.
Per cui dobbiamo fare attenzione che le parole di Gesù: "Fate
questo in memoria di me", non si perdano nel vuoto, ma penetrino nel nostro
animo e lo scuotino da tanta freddezza, indifferenza, abitudine.
Rendiamoci consapevoli che è proprio questa freddezza abituale
a creare un muro di separazione tra noi e Gesù.
Egli viene in noi, viene come presenza viva, che desidera
entrare in relazione con la nostra persona, ma trova in noi una realtà vuota,
assente, impermeabile, per cui la sua volontà rimane impotente e noi ritorniamo
poveri come siamo venuti.
Se dopo una celebrazione eucaristica tutto è come prima; se
dopo aver ricevuto il dono della generosità di Cristo non succede niente nella
nostra generosità, nella nostra carità, nel nostro darci agli altri, dobbiamo
riconoscere che non ci siamo lasciati penetrare dal dono di Cristo, il quale si
fa appunto dono per dare a noi la forza di essere dono.
Riflettiamo ed impariamo ad unire l'ordine di Gesù: "Fate
questo in memoria di me", al saluto di congedo del celebrante: "Andate, la Messa
è finita!". È finita la Messa di Cristo, deve iniziare la nostra messa.
Gesù, dopo essersi donato a noi, vuole continuare in noi e con
noi la sua donazione.
Rendiamoci fedeli trasmettitori- del dono del suo amore.
Abbiamo ricevuto, sappiamo dare. Non pensiamo ai lontani, ma iniziamo dai più
vicini, dai più prossimi.
Uscendo dalla chiesa, per la strada, in casa..., ridoniamo
l'amore ricevuto con il perdono e la pace, con il sorriso e la gioia, con la
comprensione e la sopportazione, con il servizio e l'accoglienza, con il
conforto e il sollievo...
Saremo coerenti con quello che chiediamo nella seconda
preghiera eucaristica: "Padre, rendici aperti e disponibili verso i fratelli
che incontriamo nel nostro cammino, perché possiamo condividerne i dolori e le
angoscie, le gioie e le speranze, e progredire insiemè nella via della
salvezza".
È la testimonianza che la società attende oggi da noi. Di
conseguenza, sappiamo sostituire la soddisfazione di ascoltare più Messe, con
l'impegno di vivere la Messa.
RICORDATI, O SIGNORE!
Immersi nell'offerta di Cristo, uniti al coro osannante degli
Angeli e dei Santi, invisibili ma presenti, ci rivolgiamo al Padre per
ricordargli i nostri defunti e tutti coloro che sono morti in Cristo.
È questo il momento in cui, più del solito, dobbiamo
convincerci che la morte ci ha tolti, ma non separati dai nostri cari defunti.
Infatti sia noi che loro continuiamo a vivere quella vita che ci è stata
conferita dal sacrificio di Cristo: "Chi mangia la mia carne e beve il mio
sangue ha la vita eterna". Noi la viviamo nella fede, essi nella visione.
Gesù, fattosi Pane e presente nell'altare, non è soltanto
"vita", ma anche "via" che conduce al Padre, perché "nessuno può venire al
Padre, se non per me".
Noi, pellegrini in questo mondo, siamo nutriti e sostenuti dal
Pane eucaristico; ma anche i nostri defunti, che possono ancora trovarsi in un
cammino di purificazione, hanno bisogno del sacrificio eucaristico per
l'espiazione delle loro colpe.
Noi possiamo aiutarli in questo cammino di purificazione.
Le loro anime, liberate dall'involucro del corpo, tendono
istintivamente a congiungersi alla Sorgente della vita, ma da Essa si trovano
distanziate nella misura in cui, nella vita terrena, l'hanno ignorata,
trascurata, rifiutata.
Nel sentirsi attratte e nel doversi trattenere, perché indegne,
soffrono quella sofferenza che le purifica, che le prepara alla completa visione
di Dio.
Noi possiamo diminuire, eliminare questa sofferenza attingendo
dal Sacrificio eucaristico il flusso di grazia, che fa vivificare, intensificare
la circolazione di quella vita divina, nella quale siamo inseriti e per la quale
siamo uniti ai nostri defunti.
Questa intercomunicazione opera un meraviglioso scambio di
beni. Noi comunichiamo ai defunti un aumento della grazia purificante, loro ci
offrono l'intercessione per quelle grazie che desideriamo.
Quindi i defunti non sono scomparsi nel nulla, non esistono nel
nostro semplice e momentaneo ricordo, ma sono viventi in Dio e si trovano dove
si trova Dio.
Nella celebrazione della Messa, Gesù si fa presente e
riattualizza il suo sacrificio di espiazione. Anche i defunti vi si rendono
presenti e attendono con desiderio infinito quella grazia che li fa passare
dallo stato di purificazione alla contemplazione divina.
Vivifichiamo la nostra fede per vederli attorno all'altare,
per sentirci in loro compagnia, per metterci in comunione con loro, per
trasmettere loro i benefici del sacrificio di Cristo.
Crediamo: furono con noi, sono con noi, saremo con loro.
Formiamo la famiglia di Dio, nella quale possiamo fare distinzione - noi
pellegrini sulla terra, alcuni in uno stato di purificazione, altri nella
contemplazione del Dio uno e trino - ma non separazione -; siamo tutti vincolati
in Cristo e viventi della sua vita. -
Partecipiamo alla Messa per realizzare e vivere questo
incontro di famiglia. Allora non saremo più tentati di fare, della sofferenza,
una sofferenza per la scomparsa di una persona cara.
CONCEDI ANCHE A NOI...
Dopo esserci uniti all'assemblea degli angeli e dei santi, dopo
aver ricordato i nostri defunti e tutti coloro che sono morti in Cristo,
preghiamo il Padre di concedere anche a noi, "al termine di questo
pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna..., dove con tutte le creature,
liberate dalla corruzione del peccato e della morte, canteremo la sua
gloria".
È una preghiera su la quale dobbiamo riflettere, perché
chiediamo e nello stesso tempo non desideriamo. Chiediamo di essere ammessi
"nell'eredità eterna del suo regno", ma non desideriamo la chiave che ci apre la
porta di questo regno, cioè la morte.
Diciamo di essere in attesa della venuta di Cristo, ma abbiamo
paura che Egli venga, perché la sua venuta determina la fine di questa vita, e
nessuno desidera morire.
Diciamo di amare il Signore, ma che sorta di amore è il nostro
se temiamo che Egli venga, quando l'amore per sua natura tende ad unirsi alla
persona amata?
Purtroppo, dobbiamo riconoscere che non siamo coerenti. Questa
incoerenza è favorita dalla superficialità con cui partecipiamo alla Messa.
Non pensiamo, non consideriamo, non ci rendiamo conto di quello
che chiediamo.
Infatti tutta la celebrazione della Messa ci proietta nel
futuro, è un'anticipazione della realtà eterna, è una continua e insistente
richiesta della vita eterna.
Fin dall'inizio, dopo aver chiesto a Dio perdono dei nostri
peccati, Lo preghiamo che "ci conduca alla vita eterna".
Nell'offerta del pane diciamo: "...questo pane ... lo
presentiamo a te perché diventi per noi cibo di vita eterna ".
Prima della consacrazione chiediamo al Signore: "Salvaci dalla
dannazione eterna e accoglici nel gregge degli eletti".
Appena Gesù si è fatto presente nel Pane eucaristico, Lo
acclamiamo: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione,
nell'attesa della tua venuta"; e Lo preghiamo: "Donaci di aver parte alla vita
eterna, insieme con la beata Maria ...e tutti i santi ".
Dopo il "Padre Nostro" chiediamo: "di vivere sempre liberi dal
peccato... nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro
salvatore Gesù Cristo ".
Nella frazione dell'Ostia il celebrante afferma: "Il Corpo e il
Sangue di Cristo, uniti in questo calice, siano per noi cibo di vita
eterna".
Quando ci comunichiamo, diciamo: "Il corpo di Cristo mi
custodisca per la vita eterna".
E subito dopo: "...il dono a noi fatto nel tempo ci sia rimedio
per la vita eterna ".
Le preghiere su le offerte e quelle dopo la comunione, in
genere fanno riferimento alla vita eterna.
Nella Solennità di tutti i Santi, nella preghiera dopo la
Comunione, diciamo: 'Fa', o Signore, che raggiungiamo anche noi la pienezza del
tuo amore, per passare da questa mensa eucaristica... al festoso banchetto del
cielo".
Se, dunque, la Messa ci presenta, ci immette nella realtà
eterna, dobbiamo abituarci a vederla, desiderarla
e viverla, se vogliamo che l'amore superi la paura della
morte.
Accogliendo e vivendo l'insegnamento escatologico della Messa,
possiamo acquisire quello stato d'animo in cui per noi "Il vivere è Cristo" e,
di conseguenza, sentire il desiderio di essere sciolti dal corpo per essere con
Cristo (Cfr.; Fil. 1,21-23).
Meravigliosa trasformazione! La morte che è sempre temibile
alla nostra debolezza, diventa manifestazione, comunione di vita.
Se poi acquisteremo l'abitudine d'inserirci nella Messa, in
questo mistero di morte e di risurrezione di Cristo, anche spiritualmente
durante la giornata, un giorno ci sarà di passaggio dalla liturgia terrena alla
liturgia celeste.
...DONI AL MONDO OGNI BENE
Al termine di alcune preghiere eucaristiche il celebrante, in
nome di tutta l'assemblea, si rivolge a Dio Padre con queste parole: "In
Cristo... tu doni al mondo ogni bene".
"Dio che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato
per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?" (Rom. 8,32)
Il Padre ci dona il Figlio
Dio, essere infinito e perfettissimo, non può donare che se
stesso. Ed essendo purissimo spirito, per donarsi all'uomo deve scendere alla
condizione dell'uomo, assumere la natura umana.
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio" (Giov.
3,16).
"E il Verbo si è fatto uomo" (Giov. 1,14). Il Figlio ci dona se
stesso
"Cristo ha dato se stesso per noi" (Ef. 5,2). - Da lui e per
lui riceviamo:
la remissione dei peccati, la riconciliazione con il Padre, la
natura divina, la figliolanza di Dio.
- Per meglio conoscere questi doni riceviamo: l'esistenza,
l'intelligenza, la volontà, l'amore. - Per servircene, ci vengono concessi:
il nutrimento, la salute, il lavoro, la vita di ogni giorno,
la gioia della famiglia...
In genere ci soffermiamo su questi doni, sono questi infatti
che desideriamo, che chiediamo, che sospiria-
mo...; per cui ci rimane difficile comprendere che anche il
loro opposto, come la mancanza di salute, di benessere, di amicizia..., ci può
condurre ugualmente alla sorgente di ogni bene, a Cristo Gesù.
La corrispondenza dell'uomo
Per attirare l'attenzione e suscitare la riconoscenza
dell'uomo, il Signore, nel suo amore di Padre, rinnova questo dono del suo
Figlio e in Lui ogni bene, ad ogni celebrazione eucaristica.
- Ma, purtroppo, gli uomini nella stragrande maggioranza o non
conoscono, o ignorano, o deridono Colui nel quale "viviamo, ci muoviamo ed
esistiamo" (At. 17,28).
Per cui, alla luce preferiscono le tenebre che li hanno immersi
in tanto smarrimento e confusione morale e culturale, familiare e nazionale...,
da non saper più distinguere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto.
- Vi sono anche coloro che credono al dono e lo ricevono, ma
senza preoccuparsi di trasmettere il suo messaggio divino in contrapposizione a
tanta corruzione. Hanno una certa premura di tenerlo chiuso nel tabernacolo,
come quel tale che aveva sotterrato il talento ricevuto.
- Infine vi è un piccolo gregge di anime sensibili, che
comprendono, ascoltano, accolgono e vivono le attese di Gesù Eucaristico, che è
l'unica salvezza, "Non vi è infatti, altro nome dato agli uomini sotto il cielo,
nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At. 4,12).
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