Michele Damasceno, Divina Liturgia, Θεία Λειτουργία, XVI sec., Museo delle Icone e delle Sacre Reliquie dell'Arcidiocesi di Creta, Candia |
Arquivo do blogue
-
▼
2013
(90)
-
▼
dezembro
(6)
- BENEDETTO XVI: la prima esigenza per una buona cel...
- Ven. Pio XII : el Sacrificio Eucarístico consiste ...
- Recolher assinaturas para exigir a renúncia do Pad...
- Ven. Pio XII: Idênticos, finalmente, são os fins,(...
- Grandeza do Santo Sacrifício da Missa Santo Afonso...
- CARD..JOSEPH RATZINGER: La singolarità della litur...
-
▼
dezembro
(6)
domingo, 1 de dezembro de 2013
CARD..JOSEPH RATZINGER: La singolarità della liturgia eucaristica consiste appunto nel fatto che è Dio stesso ad agire e che noi veniamo attratti dentro questo agire di Dio. Rispetto a questo fatto, tutto il resto è secondario.
Card. Ratzinger: "Questa la novità e la particolarità della liturgia cristiana: è Dio stesso ad agire e a compiere l'essenziale" . Altri articoli di Card. Ratzinger
«Partecipazione attiva»
In che cosa consiste, però, questa partecipazione attiva?
Che cosa bisogna fare?
Purtroppo questa espressione è stata molto presto fraintesa e ridotta al suo significato esteriore, quello della necessità di un agire comune, quasi si trattasse di far entrare concretamente in azione il numero maggiore di persone possibile il più spesso possibile.
La parola "partecipazione" rinvia, però, a un'azione principale, a cui tutti devono avere parte. Se, dunque, si vuole scoprire di quale agire si tratta, si deve prima di tutto accertare quale sia questa "actio" centrale, a cui devono avere parte tutti i membri della comunità. Lo studio delle fonti liturgiche permette una risposta che, forse, in un primo tempo può sorprendere, ma che è del tutto ovvia se si prendono le mosse dai fondamenti biblici su cui abbiamo riflettuto nella prima parte.
Con il termine "actio", riferito alla liturgia, si intende nelle fonti il canone eucaristico. La vera azione liturgica, il vero atto liturgico, è la oratio: la grande preghiera, che costituisce il nucleo della celebrazione liturgica e che proprio per questo, nel suo insieme, è stata chiamata dai Padri con il termine oratio.
Questa definizione era corretta già a partire dalla stessa forma liturgica, poiché nella oratio si svolge ciò che è essenziale alla liturgia cristiana, perché essa è il suo centro e la sua forma fondamentale.
La definizione dell'Eucaristia come oratio fu poi una risposta fondamentale tanto per i pagani che per gli intellettuali in ricerca. Con questa espressione si diceva infatti a quelli che erano in ricerca: i sacrifici di animali e tutto ciò che c'era e c'è presso di voi e che non può appagare nessuno, sono ora liquidati. Al loro posto subentra il sacrificio-parola. Noi siamo la religione spirituale, in cui ha luogo il culto divino reso per mezzo della parola; non vengono più sacrificati capri e vitelli, ma la parola viene rivolta a Dio come a Colui che sostiene la nostra esistenza e questa parola si unisce alla Parola per eccellenza, al Logos di Dio che ci innalza alla vera adorazione. Forse è utile osservare anche che la parola oratio all'inizio non significa "preghiera" (per questo esisteva il termine prex), ma il discorso solenne tenuto in pubblico, che ora riceve la sua più alta dignità per il fatto che si rivolge a Dio, nella consapevolezza che esso proviene da Dio stesso e da Lui è reso possibile.
Ma finora abbiamo solamente accennalo a ciò che è centrale. Questa oratio - la solenne preghiera eucaristica, il "canone" - è davvero più che un discorso, è actio nel senso più alto del termine. In essa accade, infatti, che l’actio umana (così come è stata sinora esercitata dai sacerdoti nelle diverse religioni) passa in secondo piano e lascia spazio all’actio divina, all'agire di Dio. In questa oratio il sacerdote parla con l'io del Signore - "questo è il mio corpo", "questo è il mio sangue" - nella consapevolezza che ora non parla più da se stesso, ma in forza del sacramento che egli ricevuto, che diventa voce dell'altro che ora parla e agisce. Questo agire di Dio, che si compie attraverso un discorso umano, è la vera "azione", di cui tutta la creazione è in attesa: gli elementi della terra vengono trans-sustanziati, strappati, per cosi dire, dal loro ancoraggio creaturale, ricompresi nel fondamento più profondo del loro essere e trasformati nel corpo e nel sangue del Signore. Il nuovo cielo e la nuova terra vengono anticipati.
La vera "azione" della liturgia, a cui noi tutti dobbiamo avere parte, è azione di Dio stesso. E questa la novità e la particolarità della liturgia cristiana: è Dio stesso ad agire e a compiere l'essenziale. Egli introduce la nuova creazione, si rende accessibile, così che noi possiamo comunicare con Lui in maniera del tutto personale, attraverso le cose della terra, attraverso i nostri doni.
Ma come possiamo noi avere parte a questa azione?
Dio e l'uomo non sono del tutto incommensurabili?
L'uomo, che è finito e peccatore, può cooperare con Dio, che è infinito e santo?
Egli lo può per il fatto che Dio stesso si è fatto uomo, che è divenuto corpo e continua, ancora con il suo corpo, a venire incontro a noi che viviamo nel corpo. L'intero evento, fatto di Incarnazione, croce, resurrezione e ritorno sulla terra è presente come la forma con cui Dio prende l'uomo a cooperare con se stesso. Nella liturgia ciò si esprime, come abbiamo già visto, nel fatto che dell’oratio fa parte la preghiera di accettazione. Certamente, il sacrificio del Logos è sempre già accettato. Ma noi dobbiamo pregare perché diventi il nostro sacrificio, perché noi stessi, come abbiamo detto, veniamo trasformati nel Logos e diveniamo così vero corpo di Cristo: è di questo che si tratta. E questo deve essere chiesto nella preghiera. Questa stessa preghiera è una via, un essere in cammino della nostra esistenza verso l'Incarnazione e la Resurrezione.
In questa "azione", in questo accostarsi orante alla partecipazione, non c'è alcuna differenza tra sacerdote e laico. Indubbiamente, rivolgere al Signore l'oratio in nome della Chiesa e parlare al suo apice con l'Io di Gesù Cristo, è qualcosa che può accadere solo in forza del sacramento. Ma la partecipazione a ciò che non è fatto da alcun uomo, bensì dal Signore stesso e da Lui solo, questo è uguale per tutti. Per tutti il punto è, secondo quello che si legge in I Cor 6,17, "unirsi al Signore e diventare così una sola esistenza pneumatica con Lui".
Il punto è che, alla fine, venga superata la differenza tra l'actio di Cristo e la nostra, che ci sia solamente una azione, che è allo stesso tempo la sua e la nostra - la nostra per il fatto che siamo divenuti "un corpo e uno spirito" con Lui.
La singolarità della liturgia eucaristica consiste appunto nel fatto che è Dio stesso ad agire e che noi veniamo attratti dentro questo agire di Dio. Rispetto a questo fatto, tutto il resto è secondario.
E' chiaro poi che si possono distribuire in maniera sensata le azioni esteriori: leggere, cantare, accompagnare le offerte. Tuttavia la partecipazione alla liturgia della parola (leggere, cantare) deve essere distinta dalla celebrazione sacramentale vera e propria.
Qui dovrebbe essere chiaro a tutti che le azioni esteriori sono del tutto secondarie.
L'agire dovrebbe venire meno quando arriva ciò che conta: l’oratio. E deve essere ben visibile che l’oratio è la cosa che più conta e che essa è importante proprio perché da spazio all'actio di Dio.
Chi ha capito questo, comprende facilmente che ora non si tratta più di guardare il sacerdote o di stare a guardarlo, ma di guardare insieme il Signore e di andargli incontro. La comparsa quasi teatrale di attori diversi, cui oggi è dato assistere soprattutto nella preparazione delle offerte, passa molto semplicemente a lato dell'essenziale.
Se le singole azioni esteriori (che di per sé non sono molte e che vengono artificiosamente accresciute di numero) diventano l'essenziale della liturgia e questa stessa viene degradata in un generico agire, allora viene misconosciuto il vero teodramma della liturgia, che viene anzi ridotto a parodia.
La vera educazione liturgica non può consistere nell'apprendimento e nell'esercizio di attività esteriori, ma nell’introduzione nell'actio essenziale, che fa la liturgia, nell'introduzione, cioè, alla potenza trasformante di Dio, che attraverso l'evento liturgico vuole trasformare noi stessi e il mondo.
A questo riguardo l'educazione liturgica di sacerdoti e laici è oggi deficitaria in misura assai triste.
Qui resta molto da fare.
da Joseph Ratzinger "Introduzione allo spirito della liturgia", Edizioni San Paolo, 2001, pagg. 167-172
FONTE
In che cosa consiste, però, questa partecipazione attiva?
Che cosa bisogna fare?
Purtroppo questa espressione è stata molto presto fraintesa e ridotta al suo significato esteriore, quello della necessità di un agire comune, quasi si trattasse di far entrare concretamente in azione il numero maggiore di persone possibile il più spesso possibile.
La parola "partecipazione" rinvia, però, a un'azione principale, a cui tutti devono avere parte. Se, dunque, si vuole scoprire di quale agire si tratta, si deve prima di tutto accertare quale sia questa "actio" centrale, a cui devono avere parte tutti i membri della comunità. Lo studio delle fonti liturgiche permette una risposta che, forse, in un primo tempo può sorprendere, ma che è del tutto ovvia se si prendono le mosse dai fondamenti biblici su cui abbiamo riflettuto nella prima parte.
Con il termine "actio", riferito alla liturgia, si intende nelle fonti il canone eucaristico. La vera azione liturgica, il vero atto liturgico, è la oratio: la grande preghiera, che costituisce il nucleo della celebrazione liturgica e che proprio per questo, nel suo insieme, è stata chiamata dai Padri con il termine oratio.
Questa definizione era corretta già a partire dalla stessa forma liturgica, poiché nella oratio si svolge ciò che è essenziale alla liturgia cristiana, perché essa è il suo centro e la sua forma fondamentale.
La definizione dell'Eucaristia come oratio fu poi una risposta fondamentale tanto per i pagani che per gli intellettuali in ricerca. Con questa espressione si diceva infatti a quelli che erano in ricerca: i sacrifici di animali e tutto ciò che c'era e c'è presso di voi e che non può appagare nessuno, sono ora liquidati. Al loro posto subentra il sacrificio-parola. Noi siamo la religione spirituale, in cui ha luogo il culto divino reso per mezzo della parola; non vengono più sacrificati capri e vitelli, ma la parola viene rivolta a Dio come a Colui che sostiene la nostra esistenza e questa parola si unisce alla Parola per eccellenza, al Logos di Dio che ci innalza alla vera adorazione. Forse è utile osservare anche che la parola oratio all'inizio non significa "preghiera" (per questo esisteva il termine prex), ma il discorso solenne tenuto in pubblico, che ora riceve la sua più alta dignità per il fatto che si rivolge a Dio, nella consapevolezza che esso proviene da Dio stesso e da Lui è reso possibile.
Ma finora abbiamo solamente accennalo a ciò che è centrale. Questa oratio - la solenne preghiera eucaristica, il "canone" - è davvero più che un discorso, è actio nel senso più alto del termine. In essa accade, infatti, che l’actio umana (così come è stata sinora esercitata dai sacerdoti nelle diverse religioni) passa in secondo piano e lascia spazio all’actio divina, all'agire di Dio. In questa oratio il sacerdote parla con l'io del Signore - "questo è il mio corpo", "questo è il mio sangue" - nella consapevolezza che ora non parla più da se stesso, ma in forza del sacramento che egli ricevuto, che diventa voce dell'altro che ora parla e agisce. Questo agire di Dio, che si compie attraverso un discorso umano, è la vera "azione", di cui tutta la creazione è in attesa: gli elementi della terra vengono trans-sustanziati, strappati, per cosi dire, dal loro ancoraggio creaturale, ricompresi nel fondamento più profondo del loro essere e trasformati nel corpo e nel sangue del Signore. Il nuovo cielo e la nuova terra vengono anticipati.
La vera "azione" della liturgia, a cui noi tutti dobbiamo avere parte, è azione di Dio stesso. E questa la novità e la particolarità della liturgia cristiana: è Dio stesso ad agire e a compiere l'essenziale. Egli introduce la nuova creazione, si rende accessibile, così che noi possiamo comunicare con Lui in maniera del tutto personale, attraverso le cose della terra, attraverso i nostri doni.
Ma come possiamo noi avere parte a questa azione?
Dio e l'uomo non sono del tutto incommensurabili?
L'uomo, che è finito e peccatore, può cooperare con Dio, che è infinito e santo?
Egli lo può per il fatto che Dio stesso si è fatto uomo, che è divenuto corpo e continua, ancora con il suo corpo, a venire incontro a noi che viviamo nel corpo. L'intero evento, fatto di Incarnazione, croce, resurrezione e ritorno sulla terra è presente come la forma con cui Dio prende l'uomo a cooperare con se stesso. Nella liturgia ciò si esprime, come abbiamo già visto, nel fatto che dell’oratio fa parte la preghiera di accettazione. Certamente, il sacrificio del Logos è sempre già accettato. Ma noi dobbiamo pregare perché diventi il nostro sacrificio, perché noi stessi, come abbiamo detto, veniamo trasformati nel Logos e diveniamo così vero corpo di Cristo: è di questo che si tratta. E questo deve essere chiesto nella preghiera. Questa stessa preghiera è una via, un essere in cammino della nostra esistenza verso l'Incarnazione e la Resurrezione.
In questa "azione", in questo accostarsi orante alla partecipazione, non c'è alcuna differenza tra sacerdote e laico. Indubbiamente, rivolgere al Signore l'oratio in nome della Chiesa e parlare al suo apice con l'Io di Gesù Cristo, è qualcosa che può accadere solo in forza del sacramento. Ma la partecipazione a ciò che non è fatto da alcun uomo, bensì dal Signore stesso e da Lui solo, questo è uguale per tutti. Per tutti il punto è, secondo quello che si legge in I Cor 6,17, "unirsi al Signore e diventare così una sola esistenza pneumatica con Lui".
Il punto è che, alla fine, venga superata la differenza tra l'actio di Cristo e la nostra, che ci sia solamente una azione, che è allo stesso tempo la sua e la nostra - la nostra per il fatto che siamo divenuti "un corpo e uno spirito" con Lui.
La singolarità della liturgia eucaristica consiste appunto nel fatto che è Dio stesso ad agire e che noi veniamo attratti dentro questo agire di Dio. Rispetto a questo fatto, tutto il resto è secondario.
E' chiaro poi che si possono distribuire in maniera sensata le azioni esteriori: leggere, cantare, accompagnare le offerte. Tuttavia la partecipazione alla liturgia della parola (leggere, cantare) deve essere distinta dalla celebrazione sacramentale vera e propria.
Qui dovrebbe essere chiaro a tutti che le azioni esteriori sono del tutto secondarie.
L'agire dovrebbe venire meno quando arriva ciò che conta: l’oratio. E deve essere ben visibile che l’oratio è la cosa che più conta e che essa è importante proprio perché da spazio all'actio di Dio.
Chi ha capito questo, comprende facilmente che ora non si tratta più di guardare il sacerdote o di stare a guardarlo, ma di guardare insieme il Signore e di andargli incontro. La comparsa quasi teatrale di attori diversi, cui oggi è dato assistere soprattutto nella preparazione delle offerte, passa molto semplicemente a lato dell'essenziale.
Se le singole azioni esteriori (che di per sé non sono molte e che vengono artificiosamente accresciute di numero) diventano l'essenziale della liturgia e questa stessa viene degradata in un generico agire, allora viene misconosciuto il vero teodramma della liturgia, che viene anzi ridotto a parodia.
La vera educazione liturgica non può consistere nell'apprendimento e nell'esercizio di attività esteriori, ma nell’introduzione nell'actio essenziale, che fa la liturgia, nell'introduzione, cioè, alla potenza trasformante di Dio, che attraverso l'evento liturgico vuole trasformare noi stessi e il mondo.
A questo riguardo l'educazione liturgica di sacerdoti e laici è oggi deficitaria in misura assai triste.
Qui resta molto da fare.
da Joseph Ratzinger "Introduzione allo spirito della liturgia", Edizioni San Paolo, 2001, pagg. 167-172
Altri articoli di Card. Ratzinger
- 1. Joseph Ratzinger: "Ma il cristiano non spera solo in un «mondo migliore»"
- 2. Card. Ratzinger: "La Chiesa di massa può essere qualcosa di molto bello, ma non è necessariamente l'unica modalità di essere della Chiesa"
- 3. Card. Ratzinger: "Una politica economica che miri al benessere dell’intera famiglia umana richiede un alto grado di disciplina etica..."
- 4. J. Ratzinger ricorda gli anni del Concilio: la riforma liturgica e la discussione sulle "fonti della rivelazione":Scrittura e Tradizione (La mia vita)
- 5. Card. Ratzinger: La liturgia è "fatta" per Dio e non per noi stessi. Quanto più però noi la facciamo per noi stessi, tanto meno essa è attraente
- 6.La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese "simpatiche"...
- 7. Lo sviluppo organico della liturgia: prefazione del card. Joseph Ratzinger al libro di Alcuin Reid
- 8. Card. Ratzinger: "Le Conferenze Episcopali non hanno una base teologica...hanno solo una fuzione pratica, concreta" (Rapporto sulla fede)
- 9. L’Europa nella crisi delle culture: l'ultima conferenza del cardinale Joseph Ratzinger (Subiaco, 1° aprile 2005)
- 10. Card. Ratzinger: "Quanto siamo più vicini a Cristo, quanto più siamo vicini all'amore di Dio e capaci di essere pacificatori nella Terra" (2004)
- 11. Card. Ratzinger: "Occorre che il prete accetti di mettersi in secondo piano, lasciando spazio al Cristo che solo può rimettere il peccato"
- 12. Joseph Ratzinger: "Il gioco del calcio costringe l’uomo a imporsi una disciplina in modo da ottenere con l’allenamento, la padronanza di sé..." (1985)
- 13. Il messaggio di Fatima: il commento teologico del card. Joseph Ratzinger
- 14, "Beethoven e la scintilla di Dio" e "Schubert, i Lieder della speranza": due testi inediti di Joseph Ratzinger
- 15. La fede fra ragione e sentimento. Conferenza del card. Ratzinger in occasione dell’ostensione della Sindone, 1998
- 16. Prof. Joseph Ratzinger: Non fa parte della rivelazione cristiana solo la parola di Dio, ma anche il silenzio di Dio (Da Introduzione al Cristianesimo)
- 17. Presentato il secondo volume delle «Gesammelte Schriften» di Joseph Ratzinger: la prefazione di Benedetto XVI
- 18. Card. Ratzinger: "Scrutando i segni dei tempi abbiamo visto che il nostro primo dovere in questo momento storico è annunciare il Vangelo di Cristo..."
- 19. Lettera-prefazione del Papa al libro di Marcello Pera: La fede non si può mettere tra parentesi. Urge il dialogo interculturale
- 20. "L'inferno è solitudine: ecco l' abisso dell'uomo" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (da «Perché siamo ancora nella Chiesa», Rizzoli)
- 21. Il Papa, il rabbino Jacob Neusner, il dialogo schietto in un clima di grande amore (da "Gesù di Nazaret" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI)
- 22. La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro (Lc 16,19-31). Da "Gesù di Nazaret" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI
- 23. La rivoluzione delle Beatitudini. Da "Gesù di Nazaret" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI
- 24. L’incontro del caos e della luce: la festa della Candelora
- 25. Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani. Lectio magistralis del cardinale Ratzinger, Senato Italiano, 13 maggio 2004
- 26. Card. Ratzinger: "Questa la novità e la particolarità della liturgia cristiana: è Dio stesso ad agire e a compiere l'essenziale"
- 27. Card. Ratzinger: Laddove si manipola sempre più liberamente la liturgia, è comprensibile che i credenti la abbandonino e con essa la Chiesa
- Il Papa ripercorre le tappe del viaggio a Cipro: "Mi sono sentito accolto e compreso"
- Fotografia Benedetto XVI
- Benedetto XVI
FONTE
Subscrever:
Enviar feedback (Atom)
Sem comentários:
Enviar um comentário